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Remo Trezza

ATTUALITÀ DELLE ESIGENZE CAUTELARI E BANCAROTTA FRAUDOLENTA (Cass., n. 24022/2020)

Aggiornamento: 1 feb 2022

di seguito uno stralcio della pronuncia

(a cura di Giulio Baffa)

“1.1. […] Occorre rammentare che in tema di misure cautelari personali, ai fini della valutazione delle esigenze cautelari in relazione al delitto di bancarotta fraudolenta, il tempo trascorso dalla commissione del fatto deve - in ogni caso - essere determinato avendo riguardo all’epoca in cui le condotte illecite sono state poste in essere e non al momento in cui è intervenuta la dichiarazione di giudiziale di insolvenza, la quale, anche se determina il momento consumativo del reato, non costituisce riferimento utile per vagliare il comportamento dell’indagato, ai sensi dell’art. 274 c.p.p., collocandosi fuori della sua sfera volitiva (Sez. 5, n. 50969 del 07/11/2019, (...), Rv. 27804601; Sez. U, Sentenza n. 40538 del 24/09/2009 Cc. (dep. 20/10/2009) Rv. 244377 - 01) […]

Nel provvedimento impugnato il tribunale, invero, per affermare la concretezza e l’attualità del pericolo di recidiva […] fa leva soprattutto sui comportamenti più recenti […] che nella ricostruzione del giudice della cautela dimostrerebbero la continuità del “periculum libertatis”; periculum che, di là della risalenza nel tempo delle prime condotte distrattive del 2015, sarebbe cioè tuttora esistente per la gravità delle plurime azioni illecite protrattesi nel tempo fino a poco prima del fallimento a dimostrazione della attitudine criminale del ricorrente, e ciò si afferma senza però considerare che di contro in quella stessa fase finale che precedette il fallimento […] il [ricorrente] non operò solo la girata dei titoli cambiari in favore della [società] di cui all’imputazione […] ma avanzò anche la richiesta di rateizzazione del debito previdenziale effettuando l’esborso [di una somma di denaro] con contributo di denaro personale.

Tale condotta rimane comunque un comportamento che non può essere trascurato nella valutazione del profilo che occupa, trattandosi in questa sede di verificare la perduranza della pericolosità e non già la sussistenza dei reati; reati che peraltro, in ogni caso, non attengono a importi particolarmente consistenti e che per le loro causali, in alcuni casi ancora sub iudice, e modalità […] non possono ritenersi neppure connotati di una gravità tale da giustificare tout court la misura applicata.

Né d’altronde soddisfa la motivazione dell’ordinanza impugnata nella parte in cui assume che la pericolosità sarebbe acuita dal fatto che non risultano sottoposti a misura cautelare i coindagati oltre che dalla circostanza che il [ricorrente] è tuttora socio accomandante in un’altra società operativa; ed invero, la prima circostanza appare del tutto irrilevante ai fini che occupano, non potendosi far discendere la necessità della cautela dalla mancata sottoposizione di altri soggetti a una misura cautelare, e la seconda, piuttosto, neutra nella dinamica in esame dal momento che il [ricorrente] rivestire la qualifica indicata di socio accomandante - solo ipoteticamente foriera di possibili ingerenze illecite nella gestione societaria - non è un fatto che di per sé può connotare di pericolosità il soggetto che la rivesta, in assenza di ulteriori elementi, nella specie non evidenziati”.


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