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A cura di Emanuele Sylos Labini
Nell'ottica di sviluppare un contenuto che possa essere di ausilio per studiosi e professionisti, a partire dal mese di ottobre 2020, verrà pubblicato con cadenza regolare l'Osservatorio sulla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, la cui influenza diretta sugli orientamenti degli ordinamenti nazionali pare destinata sempre più ad aumentare.
La rubrica contiene una rassegna di stralci di pronunce accuratamente selezionate secondo la rilevanza delle questioni trattate, corredate da un breve riferimento alla massima, nonché all'indicazione dell'articolo della Convenzione violato.
Per i casi che non riguardano il nostro ordinamento, in assenza di una traduzione ufficiale in lingua italiana, si è preferito procedere ad un breve riassunto della quaestio in analisi, a cui segue il riferimento diretto al link ove è presente la pronuncia in lingua inglese.
Giudizio abbreviato e garanzie CEDU: la Corte ne ribadisce la compatibilità.
Corte EDU, sez. I, 25 marzo 2021, ricorsi nn. 15931/15 e 16459/15, Di Martino e Molinari c. Italia.
(traduzione a cura del Ministero della Giustizia)
Massima
L’accettazione del rito abbreviato da parte degli imputati implica la rinuncia a talune garanzie del processo equo: ne consegue che la mancata audizione in appello di testimoni utili – ma non decisivi – per la condanna non viola l’art. 6 CEDU se i ricorrenti hanno beneficiato consapevolmente e in modo informato dei vantaggi derivanti dall’accesso a procedimenti semplificati conformi alla Convenzione.
Caso
“(…) 1. I ricorsi riguardano, sotto il profilo dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, l’omissione, da parte della giurisdizione di appello, di disporre una nuova audizione dei testimoni a carico prima di ribaltare il verdetto di assoluzione dei ricorrenti pronunciato in primo grado. (…).
28. La Corte rammenta che, quando un giudice di appello deve esaminare una causa in fatto e in diritto e analizzare, nel complesso, la questione della colpevolezza o dell’innocenza, tale giudice non può, per motivi di equità del procedimento, decidere in merito alle suddette questioni senza una valutazione diretta delle testimonianze presentate personalmente sia dall’imputato che sostiene di non aver commesso l’atto considerato reato (…) sia dai testimoni che hanno deposto durante il procedimento e alle cui dichiarazioni il giudice di appello desidera attribuire una nuova interpretazione (…).
29. La Corte, tuttavia, ha sottolineato che, sebbene sia necessario per la giurisdizione che condanna per la prima volta un imputato valutare direttamente le prove sulle quali fonda la sua decisione, questa non è una regola automatica che possa rendere un processo iniquo soltanto perché il giudice in questione non ha sentito tutti i testimoni, menzionati nella sua sentenza, di cui ha dovuto valutare la credibilità. (…). La Corte rammenta, a tale proposito, la propria giurisprudenza secondo la quale, quando le dichiarazioni di un testimone che non è comparso e non è stato interrogato durante il processo sono utilizzate a titolo di prova, è importante esaminare se esistesse un motivo serio che giustificasse la mancata comparizione del testimone, se la deposizione del testimone assente abbia costituito l’unica base o l’elemento decisivo della condanna, e se esistessero degli elementi compensatori, soprattutto delle garanzie procedurali solide, sufficienti per controbilanciare le difficoltà causate alla difesa a seguito dell’ammissione di una determinata prova e per assicurare l’equità del procedimento nel suo insieme (…).
30. (…). Il compito della Corte consiste nell’esaminare se la via seguita abbia condotto, in una determinata controversia, a risultati compatibili con la Convenzione (…).
31. La Corte osserva che i ricorrenti sono stati processati con il giudizio abbreviato (…).
33. La Corte rammenta anzitutto che ha già avuto occasione di esaminare le particolari caratteristiche del giudizio abbreviato previsto dal CPP italiano. Essa ha constatato che tale procedimento comporta dei vantaggi indiscutibili per l’imputato (…). In compenso, il giudizio abbreviato prevede un’attenuazione delle garanzie procedurali offerte dal diritto interno (…). La Corte rammenta che né il testo né lo spirito dell’articolo 6 della Convenzione impediscono a una persona di rinunciare spontaneamente, in maniera esplicita o tacita, alle garanzie di un processo equo. Tuttavia, per essere rilevante dal punto di vista della Convenzione, tale rinuncia deve essere accertata in maniera non equivoca, e devono essere previste delle garanzie minime proporzionate alla sua la gravità. Inoltre, tale rinuncia non deve scontrarsi con nessun interesse pubblico importante (…).
(…). 36. Passando a esaminare i fatti della presente causa, la Corte considera che, chiedendo l’applicazione del giudizio abbreviato, i ricorrenti (…) hanno accettato di fondare la loro difesa sui documenti raccolti durante le indagini preliminari, di cui avevano preso visione, e hanno perciò rinunciato inequivocabilmente al loro diritto di ottenere la convocazione e l’audizione di testimoni al processo. Nulla permette di mettere in dubbio il fatto che la rinuncia dei ricorrenti al loro diritto era consapevole e informata. Gli interessati, inoltre, hanno accettato che i giudici investiti della loro causa utilizzassero, per decidere sulla fondatezza delle accuse formulate nei loro confronti, le trascrizioni delle deposizioni dei «pentiti» omissis, acquisite al fascicolo della procura. Inoltre, i ricorrenti sapevano o avrebbero dovuto sapere che, in caso di assoluzione in primo grado, la corte d’appello aveva la facoltà di giudicare nuovamente la causa sulla base di questi stessi elementi di prova. (…).
38. (…). È contrario al principio della certezza del diritto e alla protezione della fiducia legittima dei cittadini che uno Stato possa, in maniera unilaterale, ridurre i vantaggi derivanti dalla rinuncia ad alcuni diritti inerenti alla nozione di processo equo. Secondo la Corte, nulla di simile è avvenuto nella presente causa, nella quale i ricorrenti hanno beneficiato della riduzione di pena derivante dall’applicazione del giudizio abbreviato. Non sembra nemmeno che la causa abbia sollevato delle questioni di interesse pubblico che si opponevano a una tale di rinuncia (…).
39. La Corte osserva, tra l’altro, che la Corte di cassazione italiana ha recentemente interpretato in maniera estensiva l’articolo 603 del CPP (…). Essa sottolinea, a tale riguardo, che la Convenzione non impedisce che gli Stati parte accordino ai diritti e alle libertà che essa garantisce una protezione giuridica più estesa di quella da essa attuata (…).
40. In conclusione, tenuto conto di quanto precede, i ricorrenti non possono lamentare che il loro diritto a un processo equo sia stato ostacolato a causa della mancata audizione, da parte della corte d’appello, dei testimoni omissis.
41. La Corte deve ora determinare se la mancata audizione di omissis abbia violato il diritto dei ricorrenti di beneficiare di un processo equo. Essa osserva che tale testimone è stato convocato d’ufficio dal GUP, ed è stato dunque interrogato in udienza da quest’ultimo, contrariamente agli altri testimoni a carico.
42. La Corte osserva anzitutto che la possibilità che il giudice deroghi alle condizioni ordinarie del giudizio abbreviato e si procuri, anche d’ufficio, degli elementi di prova necessari alla sua decisione è espressamente previsto dall’articolo 441, comma 5, del CPP, e non può di per sé costituire una violazione dei principi del processo equo (…). Rimane comunque il fatto che essa deve esaminare se il modo in cui tale eccezione è stata applicata nel caso di specie abbia costituito una violazione dei principi del processo equo.
43. La Corte osserva che la condanna dei ricorrenti è stata basata su vari elementi di prova, tra i quali la nota informativa dei carabinieri di Napoli, alla quale la corte d’appello ha attribuito un’importanza determinante (…). Questo elemento riguardava soprattutto le attività criminali del ricorrente e dei membri della sua famiglia, nonché la sua affiliazione al clan mafioso omissis. Ad esso si aggiungevano le dichiarazioni di omissis, ex membri del clan «pentiti», e i risultati di varie intercettazioni telefoniche e ambientali.
44. La Corte osserva che, in questo contesto, la testimonianza di omissis non ha fatto altro che confermare le dichiarazioni degli altri testimoni e corroborare l’insieme delle prove a carico. In effetti, né il GUP né la corte d’appello hanno attribuito un peso determinante a questa testimonianza, né in un senso né nell’altro, nelle loro decisioni relative alla responsabilità penale dei ricorrenti (…). La Corte osserva, inoltre, che il GUP aveva ordinato la convocazione di omissis ritenendo che la sua audizione fosse determinante per giudicare la posizione di omissis, uno dei coimputati dei ricorrenti.
45. Considerato quanto sopra esposto, e soprattutto il valore probatorio della testimonianza in questione, e rammentando che, in linea di principio, spetta ai giudici nazionali valutare gli elementi da essi raccolti (…), la Corte ritiene che non si possa considerare che, non procedendo a una nuova audizione di omissis, la corte d’appello abbia limitato i diritti della difesa dei ricorrenti.
46. Le considerazioni che precedono sono sufficienti per permettere alla Corte di concludere che il procedimento penale a carico dei ricorrenti, considerato nella sua globalità, è stato equo. (…)”.
(Stralcio a cura di Giuliana Costanzo)
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