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SGS - Redazione

Imparzialità del giudizio ed effettività della tutela nei ricorsi elettorali

Aggiornamento: 6 nov 2020


@ Image credits: Council of Europe




OSSERVATORIO CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO



(A cura di Emanuele Sylos Labini)



Nell'ottica di sviluppare un contenuto che possa essere di ausilio per studiosi e professionisti, a partire dal mese di ottobre 2020, verrà pubblicato con cadenza regolare l'Osservatorio sulla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, la cui influenza diretta sugli orientamenti degli ordinamenti nazionali pare destinata sempre più ad aumentare.

La rubrica contiene una rassegna di stralci di pronunce accuratamente selezionate secondo la rilevanza delle questioni trattate, corredate da un breve riferimento alla massima, nonché all'indicazione dell'articolo della Convenzione violato.

Per i casi che non riguardano il nostro ordinamento, in assenza di una traduzione ufficiale in lingua italiana, si è preferito procedere ad un breve riassunto della quaestio in analisi, a cui segue il riferimento diretto al link ove è presente la pronuncia in lingua inglese.



Imparzialità del giudizio ed effettività della tutela nei ricorsi elettorali.


Corte EDU, Grande Camera, 10 luglio 2020, Ricorso n. 310/15, Mugemangango c. Belgio

(sentenza in lingua: http://hudoc.echr.coe.int/eng?i=001-203885)


Massima

È contraria all’art. 3 Protocollo n. 1 CEDU e all’art. 13 CEDU la normativa nazionale in materia di ricorsi elettorali che non assicuri al ricorrente un esame effettivo e imparziale della doglianza e una decisione equa, motivata e basata su criteri precisi.


Caso

Il ricorso origina da una disputa post elettorale. In particolare, il ricorrente, cittadino belga, avendo lamentato la presenza di irregolarità durante le elezioni ed avendo richiesto il conteggio di un certo numero di schede elettorali, contesta la legittimità e legalità della composizione del Parlamento appena eletto ritenendo che vi sia stata violazione degli artt. 3 del Protocollo n. 1 CEDU e 13 CEDU.

Dopo aver ricordato la normativa nazionale vigente in materia, la Grande Camera richiama il Codice delle good practices in materia elettorale approvato, nel 2003, dall’Assemblea parlamentare e dal Congresso delle Autorità locali e regionali del Consiglio d’Europa, le raccomandazioni dell’OSCE (Organization for Security and Co-operation in Europe), le osservazioni della commissione Diritti Umani delle Nazioni Unite e rammenta i principi derivanti dall’art. 3 del Protocollo n. 1 CEDU.

Secondo la giurisprudenza della Corte, i diritti garantiti in tale disposizione sono di primaria importanza per il sistema convenzionale nonché cruciali per stabilire e mantenere le fondamenta di una democrazia effettiva e significativa governata dallo stato di diritto. In particolare, l’art. 3 del Protocollo n. 1 CEDU prevede a carico dello Stato, in qualità di garante ultimo del pluralismo, l’adozione di misure positive per lo svolgimento di elezioni democratiche: le elezioni devono essere libere, svolgersi ad intervalli temporali ragionevoli, attraverso scrutinio segreto e garantendo condizioni che assicurino la libera espressione dell’opinione da parte del popolo. Da un punto di vista procedurale, inoltre, l’art. 3 richiede l’esistenza di un sistema interno per l’esame effettivo dei ricorsi e degli appelli individuali concernenti la materia dei diritti elettorali, essenziale per garantire elezioni giuste e libere e per assicurare il diritto all’elettorato attivo e passivo.

A tal fine la Grande Camera specifica che è suo precipuo compito quello di verificare, allorquando le vie di ricorso interne siano esaurite e nel rispetto delle differenti evoluzioni politiche e culturali che caratterizzano ciascun Paese, se lo Stato ha rispettato gli obblighi derivanti dall’art. 3 garantendo i principi di eguaglianza, trasparenza, imparzialità e indipendenza nell’organizzazione e gestione delle elezioni e assicurando la libera espressione del voto, l’assenza di ogni tipo di arbitrio oltre che la sussistenza di un sistema interno di tutela effettiva: la posta in gioco è il mantenimento della fiducia dell’elettorato nel Parlamento. È necessario, inoltre, che le controversie elettorali si concludano con una decisione equa, obiettiva e sufficientemente motivata. In particolare, i denuncianti devono avere la possibilità di esprimere il loro punto di vista e di presentare gli argomenti che ritengono rilevanti.

Nel caso di specie, la Corte nota come il reclamo del ricorrente sia stato deciso da organi composti da membri nominati proprio attraverso le elezioni oggetto di contestazione, mediante l’adozione di un meccanismo di votazione a maggioranza semplice – contrario, in quanto tale, alle raccomandazioni della Commissione di Venezia –, secondo criteri non predefiniti con sufficiente precisione dalla legislazione nazionale e non assicurando le dovute garanzie per l’adozione della decisione finale. Ciò implica, secondo la Corte, che la denuncia del ricorrente è stata esaminata da un organismo che non ha fornito sufficienti garanzie di imparzialità mediante decisioni non prevedibili né accessibili, contrarie ad uno stato di diritto.

In tal senso, i giudici europei ritengono che le garanzie assicurate al richiedente nel corso dell’esame proposto non fossero sufficienti, tanto più perché concesse, in concreto, da un organo differente da quello che ha adottato la decisione definitiva ed in base ad una procedura che qualche anno dopo è stata riformata.

La Grande Camera conclude, dunque, affermando l’avvenuta violazione dell’art. 3 Protocollo n. 1 CEDU. Per gli stessi motivi deve altresì ritenersi violato l’art. 13 CEDU, nella misura in cui il ricorrente non ha potuto disporre per l’esame delle sue doglianze di rimedi effettivi ed ulteriori rispetto a quello svoltosi di fronte al Parlamento vallone, che al tempo disponeva di giurisdizione esclusiva.


(Riassunto della pronuncia a cura di Giuliana Costanzo)
















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