di seguito uno stralcio della pronuncia
(a cura di Rossella Bartiromo)
“L’Adunanza Plenaria ritiene che l’amministrazione, che è risultata soccombente in sede giurisdizionale, non perda il proprio potere di provvedere, pur in presenza della nomina e dell’insediamento di un commissario ad acta al quale è conferito il potere di provvedere per il caso di sua inerzia nell’ottemperanza al giudicato […], e fino a quando lo stesso non abbia provveduto.
Fino a tale momento, si verifica, dunque, una situazione di esercizio concorrente del potere da parte dell’amministrazione, che ne è titolare ex lege, e da parte del commissario, che, per ordine del giudice, deve provvedere in sua vece.
5.1. Come è noto, l’art. 21 del codice del processo amministrativo […], prevede che “nell’ambito della propria giurisdizione, il giudice amministrativo, se deve sostituirsi all’amministrazione, può nominare come proprio ausiliario un commissario ad acta”.
[…]
La nomina del commissario ad acta, dunque, si fonda su due presupposti normativamente indicati e, precisamente:
- che il giudice debba sostituirsi all’amministrazione;
- che tale circostanza si verifichi nell’ambito della giurisdizione del giudice medesimo, così come definita dalle norme che la attribuiscono.
Tali circostanze, oltre a costituire i presupposti per la nomina del commissario ad acta, definiscono anche il perimetro dei compiti del medesimo, che coincide con i confini della giurisdizione del giudice che lo ha nominato e nel cui ambito il commissario agisce.
[…] [I]l commissario ad acta svolge compiti ausiliari del giudice “dopo” la decisione, laddove questi, nell’ambito della propria giurisdizione, “deve sostituirsi all’amministrazione”.
[…] Il commissario ad acta è, quindi, funzionale all’effettività della tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi nei confronti della pubblica amministrazione, in attuazione degli articoli 24 e 113 Cost., nonché degli articoli 6 e 13 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
La disciplina normativa, nel definire espressamente […] il commissario ad acta quale ausiliario del giudice, esclude, al tempo stesso, che a questi possa essere riconosciuta la natura di organo (straordinario) dell’amministrazione.
[…]
Sul piano oggettivo dell’attività concretamente posta in essere, esso agisce in virtù di un potere, normativamente previsto, fondato sull’esigenza dell’attuazione delle decisioni giurisdizionali in quanto funzionali a rendere concreta ed effettiva della tutela giurisdizionale delle situazioni soggettive.
Ciò comporta che la fonte del potere del commissario ad acta è riconducibile, quanto all’investitura, all’atto di nomina e, quanto al contenuto, alla sentenza (o comunque al provvedimento giurisdizionale della cui esecuzione si tratta).
[…]
Se, come si è detto, l’attività del commissario ad acta costituisce attuazione della decisione del giudice, onde rendere effettiva la tutela giurisdizionale costituzionalmente affermata nei confronti della pubblica amministrazione, gli effetti che si imputano all’amministrazione non dipendono da una “sostituzione” nell’esercizio di poteri a questa attribuiti e da essa autonomamente esercitabili, ricorrendone le ragioni di pubblico interesse; né tantomeno ricorre un’ipotesi di trasferimento dei poteri medesimi (dall’amministrazione al commissario).
[…]
Il fondamento del potere esercitato dal commissario ad acta non è il medesimo del potere di cui è titolare l’amministrazione, poiché il primo si colloca, come si è detto, nella decisione del giudice, il secondo nella norma che lo attribuisce all’amministrazione; il primo ha la sua “giustificazione funzionale” nell’effettività della tutela giurisdizionale, conferendo alla parte vittoriosa in giudizio quella attribuzione che risulta satisfattiva della propria posizione giuridica per la cui tutela essa ha agito; il secondo, nella cura dell’interesse pubblico che costituisce, al contempo, fondamento genetico dell’attribuzione e funzionalizzazione dell’esercizio del potere.
[…]
Chiarito il rapporto intercorrente tra commissario ad acta ed amministrazione soccombente, occorre ricordare come resti ovviamente fermo il potere della parte vittoriosa di rivolgersi al giudice per ogni doglianza o chiarimento nei confronti degli atti adottati.
8. Alla luce delle considerazioni sin qui esposte, l’Adunanza Plenaria formula i seguenti principi di diritto:
a) il potere dell’amministrazione e quello del commissario ad acta sono poteri concorrenti, di modo che ciascuno dei due soggetti può dare attuazione a quanto prescritto dalla sentenza passata in giudicato, o provvisoriamente esecutiva e non sospesa, o dall’ordinanza cautelare fintanto che l’altro soggetto non abbia concretamente provveduto;
b) gli atti emanati dall’amministrazione, pur in presenza della nomina e dell’insediamento del commissario ad acta, non possono essere considerati di per sé affetti da nullità, in quanto gli stessi sono adottati da un soggetto nella pienezza dei propri poteri, a nulla rilevando a tal fine la nomina o l’insediamento del commissario.
c) gli atti adottati dal commissario ad acta non sono annullabili dall’amministrazione nell’esercizio del proprio potere di autotutela, né sono da questa impugnabili davanti al giudice della cognizione, ma sono esclusivamente reclamabili, a seconda dei casi, innanzi al giudice dell’ottemperanza, ai sensi dell’art. 114, co. 6, c.p.a. ovvero innanzi al giudice del giudizio sul silenzio, ai sensi dell’art. 117, co. 4, c.p.a.
d) gli atti adottati dal commissario ad acta dopo che l’amministrazione abbia già provveduto a dare attuazione alla decisione, ovvero quelli che l’amministrazione abbia adottato dopo che il commissario ad acta abbia provveduto, sono da considerare inefficaci e, ove necessario, la loro rimozione può essere richiesta da chi vi abbia interesse, a seconda dei casi, al giudice dell’ottemperanza o al giudice del giudizio sul silenzio."
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