(Cass. pen., Sez. III, 13 maggio 2021, n. 24872)
di seguito uno stralcio della pronuncia
(a cura di Ilaria Romano)
“3. La materialità del fatto è pacifica e non oggetto di contestazione.
Secondo quanto accertato in sede di merito, il giorno del fatto, la persona offesa, mentre si trovava a svolgere la sua attività professionale di capotreno su un convoglio della linea (OMISSIS), chiese il biglietto a un passeggero identificato nell'imputato - che questi non era in grado dimostrare, rifiutandosi di acquistarne uno sul treno. Richiesto dei documenti di identificazione, l'imputato disse di non averli, sicché fu invitato dalla capotreno a scendere dal convoglio alla prima fermata utile. Dopo una prima riluttanza, resosi conto che la capotreno stava chiedendo l'intervento delle forze dell'ordine, l'imputato si decise a scendere dal convoglio, ma, mentre stava seguendo la capotreno verso l'uscita, prima le palpeggiò il sedere, gesto che durò diversi secondi, quindi le diede un calcio sulle natiche.
4. Ciò posto, si rammenta che il delitto di cui all'art. 609 bis c.p., è posto a presidio della libertà personale dell'individuo, che deve poter compiere atti sessuali in assoluta autonomia e libertà, contro ogni possibile condizionamento, fisico o morale, e contro ogni non consentita e non voluta intrusione nella propria sfera intima. La libertà sessuale, quale espressione della personalità dell'individuo, trova la sua più alta forma di tutela nella proclamazione della inviolabilità assoluta dei diritti dell'uomo, riconosciuti e garantiti dalla Repubblica in ogni formazione sociale (art. 2 Cost.), e nella promozione del pieno sviluppo della persona che la Repubblica assume come compito primario (art. 3 Cost., comma 2).
La libertà di disporre del proprio corpo a fini sessuali è assoluta e incondizionata e non incontra limiti nelle diverse intenzioni che l'altra persona possa essersi prefissa. L'assolutezza del diritto tutelato non tollera, nella chiara volontà del legislatore, possibili attenuazioni che possano derivare dalla ricerca di un fine ulteriore e diverso dalla semplice consapevolezza di compiere un atto sessuale, fine estraneo alla fattispecie e non richiesto dall'art. 609 bis c.p., per qualificare la penale rilevanza della condotta.
5. Coerentemente alla natura del bene tutelato e alla centralità della persona offesa, unica titolare del diritto, né il dolo specifico ("al fine di"), né alcun movente esclusivo ("al solo scopo di") contribuiscono alla tipizzazione dell'offesa, la quale è soggettivamente ascrivibile all'agente a titolo di dolo generico.
La valorizzazione di atteggiamenti interiori sposterebbe il disvalore della condotta incriminata dalla persona che subisce la limitazione della libertà sessuale a chi la viola. Diversamente da quanto ritenuto dal ricorrente, l'atto deve essere definito come "sessuale" sul piano obiettivo, non su quello soggettivo delle intenzioni dell'agente. Se, perciò, il fine di concupiscenza non concorre a qualificare l'atto come sessuale, il fine ludico o di umiliazione della vittima non lo esclude (…).
6. Per l'integrazione dell'elemento soggettivo non è perciò necessario che la condotta sia specificamente finalizzata al soddisfacimento del piacere sessuale dell'agente, essendo sufficiente che questi sia consapevole della natura oggettivamente "sessuale" dell'atto posto in essere volontariamente, ossia della sua idoneità a soddisfare il piacere sessuale o a suscitarne lo stimolo, a prescindere dallo scopo perseguito (…).
L'elemento soggettivo del reato di violenza sessuale, dunque, è integrato dal dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di compiere un atto invasivo e lesivo della libertà sessuale della persona offesa non consenziente, sicché non è necessario che detto atto sia diretto al soddisfacimento dei desideri dell'agente, né rilevano possibili fini ulteriori - di concupiscenza, di gioco, di mera violenza fisica o di umiliazione morale - dal medesimo perseguiti (…)”.
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