(Cass. pen., Sez. VI, 14 giugno 2021, n. 23244)
di seguito uno stralcio della pronuncia
(a cura di Ilaria Romano)
“4. (…) [L]a prima questione che si pone rispetto ai fatti di causa è se i principi affermati dalla sentenza “Cavallo”, nella parte in cui si richiede che anche l'altro - ulteriore e diverso - reato - connesso con quello per cui l'autorizzazione è stata disposta - sia autorizzabile, si applichi anche ai casi non vi sia un altro reato - che si aggiunge a quello per cui si procede - ma si tratti dello stesso fatto-reato sin dall'inizio “autorizzato”, seppur diversamente qualificato in seguito alle risultanze delle captazioni.
Sul tema la giurisprudenza della Corte, che, a parere del Collegio, mantiene rilevanza- nei limiti di cui si dirà - anche dopo la sentenza delle Sezioni unite, è consolidata nell'affermare il principio della irrilevanza del mutamento dell'addebito ed in tal senso si valorizza la valenza della verifica c.d. statica da parte del giudice, di quella cioè da collocare nel momento genetico della intercettazione, ovvero in quelli successivi di autorizzazione di proroghe, della sussistenza del rispetto dei presupposti previsti dalla legge per disporre il mezzo di ricerca della prova, e, in particolare, della esistenza dei gravi indizi della esistenza del reato (art. 267 c.p.p.).
La Corte di cassazione ha in più occasioni ritenuto utilizzabili i risultati delle operazioni disposte in
riferimento ad un titolo di reato per il quale le stesse sono consentite, anche quando vi sia stata una
successiva diversa qualificazione giuridica del fatto (…).
5. Si tratta di un principio che deve essere esplicitato.
5.1. La Giurisprudenza di legittimità ha in più occasioni affermato, in tema di intercettazioni telefoniche (…), che la motivazione dei decreti autorizzativi (…) deve necessariamente spiegare i motivi che impongono l'intercettazione di una determina utenza telefonica che fa capo ad una specifica persona, indicando la base indiziaria del reato per il quale si procede ed il collegamento tra l'indagine in corso e la persona che si intende intercettare, affinché possa esserne verificata, alla luce del complessivo contenuto informativo e argomentativo del provvedimento, l'adeguatezza del mezzo rispetto alla funzione di garanzia prescritta dall'art. 15 Cost., comma 2.
Si tratta di una verifica che deve essere compiuta al momento in cui la captazione è richiesta ed autorizzata, non rilevando, come detto, ai fini della utilizzabilità dei risultati dell’attività di intercettazione, la circostanza che all'esito delle indagini, l'originaria ipotesi accusatoria non sia stata confermata. (…)
Ciò che è indispensabile (…) è, innanzitutto, che la qualificazione, pure provvisoria, del fatto risulti ancorata a sufficienti, sicuri e obiettivi elementi indiziari che ne sorreggano, per un verso, la corretta formulazione da parte del pubblico ministero e, per altro verso, la successiva, rigorosa, verifica dei presupposti da parte del giudice chiamato ad autorizzare le relative operazioni intercettative (…).
Tale verifica si articola su due direttrici, occorrendo distinguere il caso in cui il destinatario della intercettazione sia un soggetto indagato da quello in cui l'intercettato sia una persona terza, non indagata.
Nel primo caso, ciò che deve essere verificato, soprattutto nelle ipotesi in cui si faccia riferimento a reati di criminalità organizzata, è la consistenza della ipotesi accusatoria, della qualificazione del fatto ipotizzato, della struttura della base indiziaria, prescindendo dal “quantum” di colpevolezza; si tratta di una verifica che deve essere compiuta in relazione all'indagine nel suo complesso e non con riferimento alla responsabilità di ciascun indagato (…).
Il giudizio prognostico che deve effettuare il magistrato è sulla probabilità che sia stato commesso uno dei reati previsti per legittimare un'intercettazione, ed ovviamente il vaglio del giudice deve essere eseguito in modo idoneo ad indicare l'attendibilità della fattispecie probatoria e la necessità del mezzo di ricerca della prova “de quo”.
Una gravità oggettiva che degrada a sufficienza indiziaria nel caso di fattispecie criminose che attengono ai delitti di criminalità organizzata ai sensi della L. n. 203 del 1991, atteso che in questa ipotesi lo spirito del legislatore è quello di ritenere prevalente l'esigenza di tutela della collettività, rispetto alla garanzia dei diritti dei singoli alle comunicazioni, per delitti di grave allarme sociale; ciò spiega perché allorché si proceda per delitti di criminalità organizzata sono sufficienti frammenti probatori idonei ad indicare l'esistenza di elementi essenziali di indagine, per consentire e legittimare l'autorizzazione dell'intercettazione.
Anche rispetto ad un soggetto indagato, è necessario inoltre che il mezzo di ricerca della prova in questione sia indispensabile ai fini della prosecuzione delle indagini (…) (art. 15 Cost. e art. 267 c.p.p., comma 1)” (…).
Il collegamento può essere riferito non necessariamente ad uno specifico soggetto “intercettando” (magari neppure coinvolto nelle indagini, come si diceva, né tanto meno gravato da pesanti indizi di colpevolezza), ma ad una determinata utenza, indipendentemente dal titolare della stessa, rispetto alla quale potrebbero anche essere diversi i soggetti “intercettandi”.
Al di là delle parole impiegate è importante, comunque (…) che vengano in essa indicate le “ragioni” sulla cui base il giudice ritenga di dover autorizzare le intercettazioni richieste dal pubblico ministero, in quanto proprio quelle intercettazioni, relative a quella particolare utenza, risultano “indispensabili” per il completo accertamento del fatto specifico cui si riferiscono le indagini, nonché per la individuazione dei responsabili.
Nelle ipotesi in cui il collegamento sia riferito ad un soggetto non indagato la necessità di motivare la correlazione tra l'indagine in corso e l'intercettato è oltremodo maggiore; in tali casi, oltre alla verifica di cui si è detto, relativa alla base indiziaria oggettiva, è necessario che il giudice indichi ed espliciti chiaramente l'interesse investigativo sottostante, chiarisca cioè le ragioni di collegamento diretto o indiretto (conoscenza) tra il soggetto ed il fatto di reato oggetto di accertamento; è necessario che si indichino i motivi per i quali il soggetto terzo che si intende intercettare dovrebbe essere “informato sui fatti” e perché si ritiene che vi possano essere conversazioni o comunicazioni attinenti a quei fatti.
5.2. Dunque, in caso di modifica, a seguito delle captazioni, della qualificazione giuridica del fatto-reato autorizzato in altro reato non autorizzabile, l'inutilizzabilità delle intercettazioni opera solo se i presupposti per disporre il mezzo di ricerca della prova mancassero già al momento in cui il procedimento autorizzativo si è compiuto e perfezionato attraverso il controllo del giudice.
I risultati della captazione correttamente autorizzata restano invece immuni rispetto al successivo sviluppo fisiologico del procedimento, atteso che in tal caso non rileva la sopravvenuta mancanza del presupposto legittimante per effetto della riqualificazione del fatto autorizzato.
Certo, esiste una forte esigenza di contemperamento tra la necessità di non ritenere inutilizzabili i risultati delle intercettazioni in presenza di un fatto storico rimasto sostanzialmente immutato (…) e quella di evitare abusi, che potrebbero configurarsi con il ricorso pretestuoso alla descrizione di un fatto - reato autorizzabile al fine di aggirare i limiti legali stabiliti dagli artt. 266 e 267 c.p.p..
Si tratta di situazioni in cui, come detto, assume centrale rilievo il controllo del giudice al momento della autorizzazione del mezzo di ricerca della prova. (…)
La situazione è diversa nei casi in cui la elusione non è configurabile perché vi è corrispondenza tra quanto si richiede e ciò che emerge dalle indagini in ordine al fatto reato per cui si procede, ma l'addebito si modifica per motivi sopravvenuti fisiologici, legati cioè alla naturale evoluzione del procedimento che può determinare una modifica del fatto storico e della sua qualificazione giuridica.
In tali casi la fattispecie non è patologica, considerando la provvisorietà dell'addebito, la fluidità degli
elementi raccolti, la loro possibile modificazione; ciò che rileva è che al momento in cui viene disposta la intercettazione vi siano i presupposti previsti dalla legge.
Una verifica da parte del giudice che investe l'accertamento della conformità di ciò che si richiede rispetto agli atti al fine di verificare se fin dall'inizio emerga la diversità storica del fatto ovvero sia seriamente prospettabile una differente qualificazione giuridica del fatto, più corretta sotto il profilo della sussunzione nella fattispecie. (…)”
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