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SGOMBERO DI BENE CONFISCATO DURANTE LA PENDENZA DI GIUDIZIO CEDU (Cons. St. n. 7866/2020)

di seguito uno stralcio della pronuncia

(a cura di Rossella Bartiromo)


“In merito alla pendenza del giudizio dinanzi alla CEDU (…):“…La pendenza del procedimento innanzi la Corte Europea dei Diritti Umani non incide sulla possibilità di procedere alla sgombero del bene ed alla sua destinazione ad altro: è infatti evidente che gli articoli 45 e 45 bis del D. L.vo 159/2011, laddove fanno riferimento al “provvedimento definitivo di confisca”, alludono al provvedimento di confisca che sia da ritenersi “definitivo” in base alle norme dell’Ordinamento italiano, e quindi al provvedimento di confisca in relazione al quale non possa essere esperito un rimedio impugnatorio interno.

14. Del resto, se e nel caso in cui la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo dovesse riconoscere fondatezza al ricorso presentato dai ricorrenti, non per tale ragione verrebbe meno, automaticamente, la validità del decreto di confisca di cui si discute nel presente giudizio: come gli stessi ricorrenti ammettono in ricorso, in tale circostanza lo Stato italiano dovrebbe adottare misure idonee a porre i ricorrenti in una situazione simile a quella in cui si sarebbero trovati ove non vi fosse stata inosservanza alcuna della Convenzione, e tali misure non necessariamente dovrebbero comportare la restituzione della proprietà dell’appartamento del cui sgombero si tratta.

15. Non è peraltro inutile ricordare che la Corte di Strasburgo ha già avuto modo di pronunciarsi sulla legittimità della confisca disposta quale misura di prevenzione antimafia, affermando in particolare che: i) la confisca come misura di prevenzione, non solo non confligge con le norme della CEDU, ma anzi è una misura indispensabile per contrastare il crimine (sentenza 22 febbraio 1994, Raimondo c. Italia, in causa 12954/87; Decisione 4 settembre 2001, Riela c. Italia, in causa 52439/09).; ii) la confisca deve essere, in ogni caso, conforme alle prescrizioni dell'art. 1, primo paragrafo, del Protocollo n. 1 alla Convenzione, ed a tal fine deve rispettare due limiti: deve, cioè, essere irrogata sulla base di una espressa previsione di legge e deve realizzare il giusto equilibrio tra l'interesse generale e la salvaguardia del diritti dell'individuo (sentenza 20 gennaio 2009, Sud Fondi s.r.l. c. Italia, in causa 75909/01); iii) per la Corte inoltre non costituisce di per sé violazione né della CEDU, né del Protocollo n. 1, l'inversione dell'onere della prova, in base al quale è il prevenuto a dover dimostrare l'origine lecita dei beni di cui dispone (Decisione 5 luglio 2001, Arcuri c. Italia, in causa 52024/99 che ha affermato che "la presunzione d'innocenza non è assoluta"), fermo restando, ovviamente, il diritto incoercibile del prevenuto a fornire con ogni mezzo la prova contraria (sentenza 23 dicembre 2008, Grayson e Barnham c. Regno Unito, nelle cause riunite 19955/05 e 15085/06, 40, 41 e 45 della motivazione); iv) la Corte, con riferimento all'ipotesi di confisca ai danni di un terzo, diverso dal reo o dal prevenuto, ha, in varie occasioni, affermato che il requisito del giusto equilibrio è rispettato quando al terzo proprietario dei beni confiscati sia data la possibilità di un ricorso giurisdizionale (per es. Decisione 26 giugno 2001, C.M. c. Francia, in causa 28078/95)”.



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