(Cons. St., sez. II, 6 aprile 2021, n. 2753)
di seguito uno stralcio della pronuncia
(a cura di Rossella Bartiromo)
“Sul punto il Collegio rileva la presenza di un contrasto giurisprudenziale in punto di diritto al risarcimento da lesione dell’affidamento verso un provvedimento amministrativo illegittimo, poi annullato in sede giurisdizionale.
Segnatamente, a fronte di un indirizzo per cui la sentenza di annullamento del provvedimento amministrativo illegittimo «ha accertato l’assenza di un danno ingiusto, perché all’originario ricorrente non spettava l’ottenimento del bene della vita sotteso al suo interesse legittimo» (Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 17 gennaio 2014, n. 183; nello stesso senso cfr. anche Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 29 ottobre 2014, n. 5346), vi è un’altra corrente giurisprudenziale favorevole al riconoscimento della risarcibilità della lesione dell’affidamento del privato verso un provvedimento illegittimo, annullato in sede di autotutela o in sede giurisdizionale, seppur in presenza di stringenti limiti in tema di prova della colpa dell’amministrazione, del danno subito dall’istante e del nesso di causalità tra l’annullamento e il predetto danno (cfr. Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 20 dicembre 2017, n. 5980; Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 5 settembre 2011, n. 5002; T.a.r. Campania, Napoli, sezione VIII, sentenza 3 ottobre 2012, n. 4017, dove si riconduce, come nella sentenza impugnata, la tematica de qua alla responsabilità precontrattuale).
9.2. Tanto premesso, il Collegio considera opportuno svolgere alcune precisazioni circa il primo dei cennati orientamenti, il cui esito interpretativo sembra condivisibile.
L’affidamento è un istituto giuridico che taglia trasversalmente l’intero ordinamento giuridico e senza dubbio assume rilievo nei rapporti tra i privati e le pubbliche amministrazioni, anche nelle fattispecie in cui vi è esercizio di potere di natura pubblicistica (e un riconoscimento in tal senso è stato operato dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio già con la sentenza 4 maggio 2018, n. 5).
Il Collegio ritiene che l’affidamento non sia un diritto soggettivo, come, invece, autorevolmente sostenuto da parte della giurisprudenza, bensì una situazione giuridica soggettiva dai tratti peculiari propri, idonea a fondare una particolare responsabilità, che si colloca tra il contratto e il torto civile.
Ad ogni modo, per aversi un affidamento giuridicamente tutelabile in capo al privato, occorre, da un lato, una condotta della pubblica amministrazione connotata da mala fede o da colpa in grado di far sorgere nell’interessato, versante in una condizione di totale buona fede, un’aspettativa al conseguimento di un bene della vita e, dall’altro, che la fiducia riposta da quest’ultimo in un esito del procedimento amministrativo a lui favorevole sia ragionevole e non colposamente assunta come fondata in assenza di valide ragioni giustificatrici.
In sostanza, ai fini della sussistenza dell’affidamento legittimo (rilevante ai fini del riconoscimento di una responsabilità di tipo precontrattuale), il privato che ha interloquito con la pubblica amministrazione non soltanto non deve averla condotta dolosamente o colposamente in errore, ma deve vantare un’aspettativa qualificata, ovverosia basata su una pretesa legittima alla luce del quadro ordinamentale applicabile al caso di specie.
Va peraltro sottolineato che nelle ipotesi, in cui rientra la vicenda oggetto del presente giudizio, in cui il provvedimento favorevole al privato sia revocato in esecuzione di una pronuncia giudiziale, l’eventuale affidamento del privato (ammesso che vi sia) sarebbe pregiudicato non da un condotta dell’amministrazione, la quale non ha modificato unilateralmente, melius re perpensa o alla luce di sopravvenienze, l’assetto d’interessi precedentemente delineato nell’esercizio del suo potere pubblicistico, ma, in sostanza, da un provvedimento promanante dal potere giurisdizionale, nei cui confronti non può esserci in radice, per la natura terza del giudice, alcuna aspettativa qualificata ‒ e dunque tutelabile mediante ristoro patrimoniale ‒ all’accoglimento delle proprie ragioni.
Ne discende che la soccombenza in sede giurisdizionale non può mai ridondare in una lesione di un affidamento legittimo, idonea a fondare una domanda risarcitoria nei confronti della pubblica amministrazione.
Al fine di contestualizzare quanto appena esposto alle peculiarità del caso in esame, va anche precisato che il provvedimento comunale dell’8 maggio 2008 di revoca dell’aggiudicazione in favore dell’odierna appellata aveva ad oggetto, a ben vedere, un atto che risultava già annullato in sede giurisdizionale (e che, quindi, risultava ormai privato aliunde di qualunque efficacia).
Si precisa inoltre che non appare pertinente il riferimento effettuato dal T.a.r. alla sentenza della la Corte di giustizia dell’Unione europea, sezione III, 30 settembre 2010, n. 314, pronunciata nel procedimento C-314/09, Graz Stadt, dove la responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario è stata configurata in modo marcatamente oggettivo, per cui la direttiva 89/665/CEE, in tema di procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, «osta ad una normativa nazionale, la quale subordini il diritto ad ottenere un risarcimento a motivo di una violazione della disciplina sugli appalti pubblici da parte di un’amministrazione aggiudicatrice al carattere colpevole di tale violazione, anche nel caso in cui l’applicazione della normativa in questione sia incentrata su una presunzione di colpevolezza in capo all’amministrazione suddetta, nonché sull’impossibilità per quest’ultima di far valere la mancanza di proprie capacità individuali e, dunque, un difetto di imputabilità soggettiva della violazione lamentata».
La richiamata decisione della Corte di giustizia (e le successive di analogo contenuto) riguardano, invero, la posizione del concorrente illegittimamente escluso ovvero illegittimamente non dichiarato vincitore nell’ambito di una procedura ad evidenza pubblica governata dal diritto unionale, non risultando invece applicabili alla ben distinta ipotesi (che qui ricorre) del concorrente dichiarato illegittimamente vincitore.
[…]
11. In conclusione (e in ragione del richiamato contrasto in giurisprudenza) si rimettono all’adunanza plenaria del Consiglio di Stato, ai sensi dell’art. 99, comma 1, del codice del processo amministrativo, le seguenti questioni:
a) se l’interessato ‒ a prescindere dalle valutazioni circa la sussistenza in concreto della colpa della pubblica amministrazione, del danno in capo al privato e del nesso causale tra l’annullamento e la lesione ‒ possa in astratto vantare un legittimo e qualificato affidamento su un favorevole provvedimento amministrativo annullato in sede giurisdizionale, idoneo a fondare un’azione risarcitoria nei confronti della pubblica amministrazione;
b) in caso positivo, in presenza di quali condizioni ed entro quali limiti può riconoscersi al privato un diritto al risarcimento per lesione dell’affidamento incolpevole, con particolare riferimento all’ipotesi di aggiudicazione definitiva di appalto di lavori, servizi o forniture, successivamente revocata a seguito di una pronuncia giudiziale”.
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