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EVADE DAI DOMICILIARI PER TORNARE IN CARCERE: NON PUNIBILE

di seguito uno stralcio della pronuncia

(a cura di Ilaria Romano)

(Cass. Pen., Sez. VI, 18 dicembre 2020, n. 36518)

“1. (…) Integra il reato di evasione la condotta di volontario allontanamento dal luogo di restrizione domiciliare e di presentazione presso la stazione dei Carabinieri ancorchè per chiedere di essere ricondotto in carcere, in quanto il dolo generico del reato richiede la mera consapevolezza e volontà di allontanarsi dal domicilio. (Fattispecie nella quale l'imputato si allontanava dal domicilio per recarsi in caserma, rappresentando l'insostenibilità della convivenza con il padre e la volontà di rientrare in carcere).

Con riferimento al caso in cui l'imputato si allontani dal domicilio per recarsi in caserma e rappresentare l'insostenibilità della convivenza con i familiari la volontà di rientrare in carcere e di porre fine al regime degli arresti domiciliari, si sono registrati due opposti orientamenti.

Il primo, maggioritario, secondo il quale il dolo del reato di evasione per abbandono del luogo degli

arresti domiciliari è generico, essendo necessaria e sufficiente - in assenza di autorizzazione – la volontà di allontanamento nella consapevolezza del provvedimento restrittivo a proprio carico, non rivestendo alcuna importanza lo scopo che l'agente si propone con la sua azione (…).

Il secondo l'orientamento minoritario secondo cui "in tema di evasione, deve ritenersi insussistente il

dolo nella condotta di colui che, trovandosi agli arresti domiciliari presso la propria abitazione, se ne

allontani per recarsi, per la via più diretta, alla stazione dei Carabinieri (…) e, ancora, "non integra il delitto di evasione la condotta di chi, trovandosi in stato di detenzione domiciliare, si allontani dalla propria abitazione per farsi trovare al di fuori di essa in attesa dei carabinieri, prontamente informati della sua intenzione di volere andare in carcere" (…). Ciò perché deve essere esclusa ogni offensività concreta, ex art. 49 c.p., comma 2, nella condotta dell'imputato, mai sottrattosi alla possibilità di controllo da parte dell'autorità tenuta alla vigilanza.

Tra i due orientamenti questo Collegio ritiene preferibile quello maggioritario, non reputando rilevante né le motivazioni né lo scopo dell'allontanamento, perché il reato di evasione richiede il dolo generico costituito dalla coscienza e volontà di allontanarsi dal domicilio, indipendentemente dai motivi per la irrilevanza delle valutazioni del soggetto che vi è sottoposto, non potendosi rimettere al suo arbitrio la scelta della misura cautelare.

2. (…) La Corte di merito dopo aver riconosciuto la prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla recidiva, ha escluso la possibilità di ravvisare la causa di non punibilità per tenuità del fatto sulla base della ritenuta incertezza del fatto, nel senso che non sarebbe certo che l'imputato si sia immediatamente recato in caserma dopo essere uscito dalla propria abitazione.

Tale considerazione è viziata per illogicità manifesta.

Innanzitutto, perché non risponde ad una logica ricostruzione del fatto il comportamento alternativo che si assume possibile, ovvero che l'imputato dopo essere evaso avrebbe raggiunto la caserma per autodenunciarsi senza una ragione plausibile, neppure ipoteticamente rappresentata. La peculiarità delle modalità con cui si è concretizzata l'evasione non legittima sul piano della logica una tale ipotetica alternativa lettura di merito.

In secondo luogo, l'incertezza ravvisata nella ricostruzione del fatto non giustifica le conseguenze sfavorevoli per l'imputato che ne sono state tratte. (…)

Nel caso in esame, caduta la ragione di fatto con cui è stato giustificato il diniego della causa di non

punibilità di cui all'art. 131-bis c.p., si deve rilevare come dalla stessa sentenza impugnata si possa evincere, senza necessità di ulteriori accertamenti di merito, la sussistenza di tutti i presupposti per la

sua applicazione, essendo stata già assodata la minima offensività della condotta di evasione, per la

breve durata in cui l'imputato si è allontanato dal luogo degli arresti domiciliari al solo ed unico fine di sottoporsi al controllo diretto delle forze di polizia, non trattandosi di comportamento abituale, né

essendo state ravvisate le altre condizioni soggettive ostative previste dall'art. 131-bis c.p. (…)

In conclusione, deve disporsi l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non è punibile ai sensi dell'art. 131-bis c.p..”


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