di seguito uno stralcio della pronuncia
(a cura di Giuliana Costanzo)
(Cass. Pen., sez. VI, 2 novembre 2020, n. 30456)
“(…) 2. Il delitto di omissione di referto, che ha natura di reato di pericolo, in quanto volto ad assicurare il corretto andamento dell’amministrazione della giustizia attraverso l’invio alla A.G. competente della notizia qualificata di un reato, includente elementi tecnici essenziali ai fini dello svolgimento delle indagini e dell’esercizio dell’azione penale […], è ravvisabile con riguardo ad una condotta omissiva, che risulta apprezzabile nel momento in cui il sanitario viene a trovarsi di fronte ad un caso che può presentare i connotati di un reato perseguibile d’ufficio, dovendosi inoltre valutare se il sanitario abbia avuto conoscenza di elementi di fatto dai quali desumere in termini di astratta possibilità la configurabilità di un simile delitto e abbia avuto la coscienza e volontà di omettere o ritardare il referto […].
3. Nel caso di specie non è contestato che l’imputato, a fronte di un sinistro stradale, dopo una prima diagnosi stilata al Pronto Soccorso da altro sanitario, avesse redatto nei confronti di omissis certificati di prolungamento della prognosi, dapprima in data 24/3/2017, poi in data 6/4/2017 e infine in data 18/5/2017, allorché si era dato atto della guarigione con postumi da valutare.
A ben guardare dunque non è dubbio che l’imputato avesse avuto contezza di un periodo di guarigione superiore a quaranta giorni, tale da rendere configurabile il delitto di lesioni stradali gravi, di cui all’art. 590-bis c.p., che deve considerarsi reato autonomo, procedibile d’ufficio […].
4. Su tali basi la valutazione del primo Giudice deve ritenersi erronea, in quanto in contrasto con il tenore e la ratio dell’art. 365 c.p.
Deve infatti ritenersi che non abbia valore assorbente, tale da esonerare dall’obbligo sopravvenuto di referto, il primo approccio con una notizia di reato non qualificata, ma rilevi il fatto che la prestazione sanitaria, non implicante l’assunzione della veste di pubblico ufficiale, abbia posto l’esercente la relativa professione in grado di avvedersi di un reato procedibile d’ufficio, tale a quel punto da imporre la redazione del referto.
Considerando quanto osservato in ordine alla natura del reato e alla finalità dell’incriminazione, va infatti rimarcato come in quel momento sorga l’obbligo di porre l’A.G. in condizione di svolgere indagini in vista dell’eventuale esercizio dell’azione penale, essendo inconferente che la persona offesa possa denunciare il fatto o che eventuali verifiche possano essere effettuate dalla P.G. ed essendo altresì inconferenti ulteriori accertamenti riguardanti l’effettiva consistenza delle lesioni.
Va del resto aggiunto che nel caso di specie non si trattava di mero mutamento del regime di procedibilità bensì di cognizione di un reato diverso, cioè l’autonomo reato di lesioni stradali gravi, in relazione al quale l’obbligo di referto era specificamente insorto al manifestarsi di un diverso periodo di guarigione […]”.
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