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Spazio vitale minimo del detenuto: sì ai 3 o 4 mq, ma (almeno) al netto degli arredi fissi!

di seguito uno stralcio della pronuncia

(a cura di Giuliana Costanzo)

(Cass. Pen., sez. I, 30 ottobre 2020, n. 33822)


“2.1. Il Tribunale - preso atto che omissis aveva argomentato nel senso che la superficie destinata al detenuto deve essere calcolata al netto di quella dei servizi igienici e comprendendo il solo mobilio che consenta di muoversi liberamente nella camera di detenzione - ha affermato che il Magistrato di sorveglianza aveva esaustivamente accertato che il detenuto aveva sempre fruito di uno spazio vitale compreso fra i 3 e i 4 mq o superiore a 4 mq e che anche quando lo spazio era risultato al di sotto di 4 mq era stata valutata la sussistenza di adeguati fattori compensativi.

Con particolare riferimento al metodo di calcolo della superficie riservata al recluso, i giudici di sorveglianza hanno sottolineato che la giurisprudenza della Corte EDU non aveva emesso pronunzie che imponevano di calcolarla al netto di qualsiasi arredo presente all’interno delle camere di detenzione, sicché tale superficie era da computarsi al netto del solo spazio destinato ai servizi igienici non dovendo detrarsi lo spazio occupato dalla mobilia, senza far riferimento al tipo di arredo, fisso o mobile […].

2.2. Il ragionamento sviluppato nell’ordinanza impugnata si pone in consapevole contrasto con l’indirizzo espresso dalla Corte di legittimità, che, invece, non collide con i principi affermati dall’interpretazione della Corte EDU dell’art. 3 della Convenzione, ma è ad essi consentaneo.

Pare risolutivo ricordare che, di recente, si è registrata la rimessione alle Sezioni Unite […] delle seguenti questioni: a) se i criteri di computo dello “spazio minimo disponibile” per ciascun detenuto - fissato in tre metri quadrati dalla Corte EDU e dagli orientamenti costanti della giurisprudenza della Corte di legittimità - debbano essere definiti considerando la superficie netta della stanza e detraendo, pertanto, lo spazio occupato da mobili e strutture tendenzialmente fisse ovvero includendo gli arredi necessari allo svolgimento delle attività quotidiane di vita; b) se assuma rilievo, in particolare, lo spazio occupato dal letto o dai letti nelle camere a più posti, indipendentemente dalla struttura di letto “a castello” o di letto “singolo” ovvero se debba essere detratto, per il maggiore ingombro e la minore fruibilità, solo il letto a castello, e non quello singolo; c) se, infine, nel caso di accertata violazione dello spazio minimo (tre metri quadrati), secondo il corretto criterio di calcolo, al lordo o al netto dei mobili, possa comunque escludersi la violazione dell’art. 3 della CEDU nel concorso di altre condizioni, come individuate dalla stessa Corte EDU […] ovvero se tali fattori compensativi incidano solo quando lo spazio pro capite sia compreso tra i tre e i quattro metri quadrati.

La Corte di cassazione, nella sua composizione più autorevole, ha assunto la relativa decisione in data il 24 settembre 2020, decisione resa nota con l’informazione provvisoria dal seguente tenore: “Nella valutazione dello spazio minimo di tre metri quadrati si deve avere riguardo alla superficie che assicura il normale movimento e, pertanto, vanno detratti gli arredi tendenzialmente fissi al suolo, tra cui rientrano i letti a castello”.

Tale sentenza, già alla luce della suddetta informazione, si rivela confermativa dell’orientamento maturato in precedenza secondo cui, ai fini della determinazione dello spazio individuale minimo intramurario, pari o superiore a tre metri quadrati da assicurare a ogni detenuto, affinché lo Stato non incorra nella violazione del divieto di trattamenti inumani o degradanti, ex art. 3 della Convenzione EDU, come interpretato dalla conforme giurisprudenza della Corte EDU in data 8 gennaio 2013 nel caso Torreggiani c. Italia, dalla superficie lorda della cella devono essere detratte l’area destinata ai servizi igienici e quella occupata da strutture tendenzialmente fisse, tra cui il letto, ove questo assuma la forma e struttura a castello, e gli armadi, appoggiati o infissi stabilmente alle pareti o al suolo, mentre non rilevano gli altri arredi facilmente amovibili come sgabelli o tavolini […]: linea che è stata ribadita anche dopo la decisione della Corte EDU citata dai giudici di merito […], con argomenti di contrasto alla lettura, obiettivamente riduttiva, della cosa giudicata interpretata di matrice convenzionale recepita dal Tribunale di sorveglianza di Ancona, anche la sentenza della Corte EDU Mugic c. Croazia del 28/10/2016 […] avendo posto al centro della verifica da compiersi l’enucleazione della superficie calpestabile e avendo sottolineato che è “importante determinare se i detenuti hanno la possibilità di muoversi normalmente nella cella”.

2.3. Il Collegio, condividendo e riaffermando l’indicato principio di diritto, conclude, pertanto, che allo stesso non si è attenuta la decisione impugnata quanto al metodo di calcolo dello spazio minimo da assicurare al detenuto, restando assorbita la tematica inerente ai fattori compensativi, pure sollevata dal ricorrente, la congruità della relativa motivazione dipendendo dalla verifica della sufficienza o meno della superficie minima e, se del caso, dell’entità mancante. […]”.


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