(Consiglio di Stato, sez. II, 1° settembre 2021, n. 6152)
di seguito uno stralcio della pronuncia
(a cura di Davide Gambetta)
“12. La valutazione ambientale o VAS trova il suo fondamento nella Direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 giugno 2001, con il dichiarato obiettivo di garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente innestandone la tutela anche nel procedimento di adozione e di approvazione di piani e programmi astrattamente idonei ad impattare significativamente sullo stesso. La finalità di salvaguardia e miglioramento della qualità dell’ambiente, nonché di protezione della salute umana e di utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali, ne impone una lettura ispirata al rispetto del principio di precauzione, in una prospettiva di sviluppo durevole e sostenibile dell’uso del suolo. Essa si accosta, senza identificarsi con gli stessi, ad altri strumenti di valutazione, come la valutazione di impatto ambientale (VIA) su singoli progetti e quella di incidenza, riferita ai siti di Natura 2000, in modo da costituire un unico sistema che vuole l’intero ciclo della decisione teleologicamente orientato a ridette esigenze di tutela. La stretta compenetrazione tra i richiamati istituti trova riscontro nelle considerazioni della dottrina più accorta, che ha da tempo segnalato l’esigenza di sviluppare una reale sinergia tra valutazione di impatto ambientale e valutazione ambientale strategica, rafforzando qualitativamente, mediante obiettivi di sostenibilità sorretti da specifici target, la seconda, così da accelerare la prima con riferimento ad opere incardinate in piani e programmi già attentamente valutati nella loro portata generale. Per contro, il legislatore, nella continua ricerca di un giusto punto di equilibrio tra adeguato livello di tutela ambientale e accelerazione delle procedure della opere di rilevante interesse pubblico, da ultimo riferite a quelle previste nel Piano nazionale integrato energia e clima (PNIEC) ovvero nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), ha inteso incidere pressoché essenzialmente sulla VIA, ricalibrandone le fasi, ovvero comprimendone i tempi di perfezionamento (…).
13. Con riferimento alla VAS, dunque, la Direttiva 2001/42/CE è stata recepita inserendo la relativa disciplina nel richiamato d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, recante «Norme in materia ambientale», Testo unico ambientale, subito modificato ed integrato in parte qua dal d.lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.
14. L’art. 7, commi 1 e 2, di tale decreto ha innanzi tutto distinto la procedura di VAS a livello statale da quelle riferibili ad ambiti regionali o locali, preoccupandosi poi esclusivamente della prima, anche in relazione alla indicazione dei soggetti competenti per le varie fasi della stessa. Per i casi di rilievo locale, invece, ha fatto rinvio alle disposizioni di legge regionale o delle Province autonome, evidenziando il limite di introdurre un’arbitraria discriminazione e ingiustificati aggravi procedimentali (…). Ciò ha concretamente determinato lo sviluppo di un quadro ampio e articolato di legislazione regionale, primaria e secondaria, caratterizzato da una pluralità di approcci, soprattutto per quanto riguarda le modalità procedimentali, che è difficile ricondurre a sintesi.
(…) In tale cornice ricostruttiva, si inserisce la censurata mancata ponderazione della c.d. “opzione zero” (…).
(…)
19. La Direttiva 2001/42/CE prevede che, una volta individuati gli opportuni indicatori ambientali, debbano essere valutate e previste sia la situazione attuale (scenario di riferimento), sia la situazione ambientale derivante dall’applicazione del Piano in fase di predisposizione, sia le «ragionevoli alternative alla luce degli obiettivi e dell’ambito territoriale del piano o del programma» (art. 5, comma 1). Il testo non dice cosa debba intendersi per “ragionevole alternativa” a un piano o a un programma. (…). Non essendo chiarito se si intendano piani o programmi alternativi, o alternative diverse all’interno di un piano o di un programma, è plausibile accedere ad entrambe le ipotesi ermeneutiche. Sicché l’appellante non può pretendere che l’alternativa al PGT si identifichi nella sua mancata adozione.
In tal senso, del resto, si è espressa anche la Direzione generale dell’Ambiente della Commissione europea (…). Con specifico riferimento ai piani per la destinazione dei suoli o di quelli per la pianificazione territoriale si è altresì chiarito che «le alternative ovvie sono usi diversi di aree designate ad attività o scopi specifici, nonché aree alternative per tali attività».
20. L’Allegato I alla Direttiva alla lettera b) richiede espressamente che tra le indicazioni a corredo della VAS figuri la «evoluzione probabile [del contesto ambientale] senza l’attuazione del piano o del programma». La relativa dicitura è stata mutuata alla lettera dal legislatore nazionale che l’ha trasposta nell’allegato VI alla Parte II del T.u.a., laddove vengono declinati i contenuti del rapporto ambientale di cui all’art. 13 del decreto.
20.1. Con riferimento alla VIA l’art. 22, comma 3, lett. d), del d.lgs. n. 152/2006 menziona espressamente, quale contenuto essenziale dello studio di impatto ambientale, «l’alternativa zero, con indicazioni delle ragioni principali alla base dell’opzione scelta, prendendo in considerazione gli impatti ambientali». Ciò ha comportato che ne è stata ritenuta essenziale la presenza ai fini della correttezza e compiutezza dell’istruttoria, dovendo la complessiva e approfondita analisi comparativa di tutti gli elementi incidenti sull’ambiente del progetto unitariamente considerato essere effettuata proprio «alla luce delle alternative possibili e dei riflessi della stessa c.d. opzione-zero», onde ponderare il sacrificio imposto all’ambiente rispetto all’utilità socio-economica perseguita (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 24 marzo 2016, n. 1225).
Al contrario, come sopra esplicitato, per la VAS la necessità di valutare anche l’opzione zero viene desunta dai riferimenti testuali richiamati, che in realtà richiedono di configurarsi preventivamente lo scenario conseguente alla mancanza non del piano ex se, ma della sua concreta attuazione. Ovvero, ritiene il Collegio, essa è intrinseca nella stessa scelta di programmazione, seppure in termini generali e astratti, che nel caso concreto in quanto effettuata presuppone che «i rimedi correttivi e compensativi ipotizzati nel parere sono stati ritenuti sufficienti a far fronte alle ricadute ambientali delle varianti urbanistiche approvate», come efficacemente evidenziato dal primo giudice.
21. L’equivoco di fondo nel quale incorre l’appellante consiste cioè nell’aver identificato il concetto di opzione zero con la sostanziale pretesa di annullare la scelta urbanistica del Comune (…), vanificando tutti gli atti pregressi, di cui il terzo Accordo di programma, e poi il PGT, costituiscono solo il segmento terminale, utilizzando peraltro argomentazioni di tipo dialettico-formale, del tutto prive di effettività contenutistica. Seguendo, infatti, l’argomentazione di parte, in alcun modo la VAS avrebbe potuto essere preventiva, se non azzerando la previsione del Polo, per il solo fatto di essere stata concepita in epoca antecedente, con conseguente ineludibile violazione delle finalità cautelari dell’istituto. Ricostruzione estranea sia al concetto di opzione zero nella VAS per come declinata dalla normativa europea e nazionale (peraltro in maniera implicita), sia alla sua attuazione al procedimento in controversia, il cui sviluppo negli anni è connotato da plurimi approfondimenti della tematica ambientale, seppure al di fuori del relativo schema formale, in quanto non ancora in vigore. Tale ha da essere dunque il senso della contestualizzazione del quadro di partenza, cui fa riferimento anche la difesa civica, per ogni ipotesi di opzione zero riferita ad un atto urbanistico: il necessario sviluppo senza soluzione di continuità delle scelte di governo del territorio impone infatti a ciascuna di quelle sopravvenute di acquisire le risultanze (e gli impegni) rivenienti da quelle precedenti, attuandole, rivedendole, adattandole o innovandole, ma senza poterle certo completamente ignorare.
22. Va peraltro ricordato come l’attuazione in concreto delle idee racchiuse negli atti di programmazione urbanistica generale sia talvolta rimessa a provvedimenti dotati di maggiore specificità, ad iniziativa pubblica o privata. In tali ipotesi, le singole progettualità di cui essi si compongono si concretizzano solo se e quando si addivenga a ridetta pianificazione attuativa, che diviene la necessaria cinghia di trasmissione fra la generalità delle scelte e la loro concreta realizzazione. La doverosa e auspicabile compenetrazione tra gli uni e gli altri, nell’ottica di una visione complessiva dello sviluppo del territorio, rende non solo legittima, ma addirittura opportuna la posticipazione della valutazione dell’impatto ambientale a tale seconda ed eventuale fase. Da un lato, cioè, anche per evitare al privato investimenti inutili, si afferma una astratta compatibilità con le scelte di programmazione; dall’altro, si rinvia alla loro concezione concreta l’effettività della disamina, diversamente connotata da eccesso di genericità.”
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