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Immagine del redattoreAntonio Picarella

A proposito della prescrizione c.d. dimezzata

Aggiornamento: 12 gen 2020



Apprendiamo che il vertice di maggioranza di Governo avrebbe trovato un accordo su di una ulteriore riforma della prescrizione (sarebbe la terza in quattro anni: Orlando, Bonafede, Bonafede-bis(?)), il cui testo dovrebbe essere presentato in tempi strettissimi (si legge: 7 giorni) e che prevederebbe un doppio binario valutativo: a) in caso di sentenza di assoluzione in primo grado, il tempo utile per la prescrizione continuerebbe a decorrere; b) in caso di sentenza di condanna in primo grado, la prescrizione sarebbe sospesa sine die.


Per un giudizio definitivo, occorrerà ovviamente valutare in dettaglio il testo della riforma. Eppure, laddove confermata, tale impostazione non convince sin d'ora per due fondamentali ragioni, una di natura squisitamente tecnica, l'altra pratica.

  • In primo luogo, l'ipotizzato intervento di lifting alla riforma Bonafede non risolverebbe gli avanzati dubbi di incostituzionalità rispetto alla presunzione di non colpevolezza fino a sentenza definitiva scolpito in Costituzione (art. 27, co. 2 Cost.) (in tal senso anche G. M. Flick, Huffington Post, 10.1.2020) e il principio di uguaglianza (art. 3 Cost). Difatti, non si comprende il motivo giuridico per il quale considerare in maniera differente taluno alla luce di un istituto come quello della prescrizione (che, è bene ribadirlo, censura l'incapacità di uno Stato di "fare il proprio lavoro", ossia di addivenire ad una decisione definitiva sulla colpevolezza o meno dell'imputato entro termini ragionevoli), a seconda che quest'ultimo sia stato assolto o condannato in primo grado, posto che quella decisione potrebbe essere ribaltata nel secondo grado di giudizio e che la Costituzione ci impone invero di considerare innocenti sia i condannati che gli assolti in via NON definitiva.


  • Da un punta di vista pratico, infine, il delineato distinguo potrebbe, ancorché inconsapevolmente, azionare nell'organo giudicante una duplice e pericolosa deriva, specialmente nei processi di primo grado dove l'esito del giudizio si gioca sulla crina del "ragionevole dubbio". In tale ipotesi, coloro mossi dal (pur nobile) intento di garantire 'ad ogni costo' una decisione nel merito della vicenda, potrebbero essere attratti da provvedimenti che permettano di 'salvare' il processo dall'imminente prescrizione. D'altro canto, coloro mossi da uno spirito maggiormente (per taluni: eccessivamente?) garantista, potrebbero al contrario essere inconsciamente spinti verso sentenze assolutorie per non lasciare l'imputato in balia delle lungaggini processuali.

Pertanto, piuttosto che provare a "raddrizzare" il "legno storto" della prescrizione, sembrerebbe maggiormente utile lavorare senza distrazioni e con ponderazione ad una riforma organica del procedimento penale e a un reale aggiornamento (leggasi: con annessa massiccia depenalizzazione) del codice penale, in modo da garantire a vittime, accusati e cittadini-osservatori il giusto processo la cui prevedibile decisione possa giungere entro termini ragionevoli, così come immaginato dall'illuminato Legislatore Costituente.

Avv. Fabio Coppola

Dottore di Ricerca, Post-Doc e Docente di Diritto Penale e Anticorruzione

Presidente di Scuola Giuridica Salernitana


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