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COVID-19 E SISTEMA PENITENZIARIO. ALCUNE BREVI RIFLESSIONI A MARGINE DEL C.D. DECRETO 'CURA ITALIA'

(A cura di Emanuele Sylos Labini)


L'emergenza legata al diffondersi del Covid-19 ha interessato, come ampiamente prevedibile, anche il microcosmo penitenziario. Sono note le vicende di cronaca accadute nelle scorse settimane all'interno delle carceri di Modena, Rieti, Napoli, Foggia; gli scontri hanno causato in totale tredici vittime, il ferimento di una quarantina di agenti della polizia penitenziaria, danni alle strutture stimati in circa trenta milioni di euro, oltre alla chiusura temporanea dell'istituto penitenziario modenese1. Una violenza inaudita, scatenata domenica 8 marzo, in seguito all'emanazione da parte del Governo di alcune misure drastiche, dirette al contenimento del contagio del coronavirus su tutto il territorio nazionale. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la decisione di sospendere i colloqui tra detenuti e familiari all'interno degli istituti penitenziari fino al 31 maggio 2020, alla quale ha fatto seguito il divieto per tutti i condannati di poter usufruire di permessi premio, nonché del regime di semilibertà.

Di qui, l'incipit della protesta. In un batter ciglio, mentre l'intero Paese veniva colpito al cuore da un nemico invisibile, partiva l'escalation del terrore che ingenerava una situazione surreale; oltre ai fatti già menzionati, si rammenta anche l'evasione dal carcere di Foggia da parte di una settantina di detenuti, che ha portato nei giorni successivi ad una maxi operazione da parte di forze dell'ordine e militari.


Orbene, le suddette rivolte hanno evidenziato la fragilità del sistema penitenziario; di conseguenza, ci si è chiesti quali potessero essere le misure da adottare per contenere il rischio di contagio anche all'interno delle carceri. A tal proposito, nella Gazzetta Ufficiale del 18 marzo 2020, n. 71, è stato pubblicato il Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18(c.d. decreto legge “cura Italia”), contenente “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19”. Il Decreto de quo prevede, tra l'altro, misure urgenti in materia di giustizia civile, penale, tributaria e militare, oltre che in ambito penitenziario.

Riguardo quest'ultimo settore, il Governo ha stanziato venti milioni di euro per il ripristino della funzionalità degli istituti penitenziari e per la prevenzione della diffusione del virus (art. 86), introducendo nel contempo due novità di rilievo.

Anzitutto, ai sensi della l. 26 novembre 2010, n. 199 e fino al 30 giugno 2020, la pena detentiva non superiore a diciotto mesi potrà essere eseguita, su istanza del detenuto, attraverso la misura alternativa della detenzione domiciliare, salvo si tratti di reati particolarmente gravi, come ad es. quelli “ostativi” richiamati dall'art. 4-bis, ord. pen., i delitti di maltrattamenti in famiglia, stalking, ecc. (art. 123). La disposizione, come era ragionevolmente prevedibile, non si applica altresì ai delinquenti abituali, professionisti o per tendenza, ai detenuti che sono sottoposti al regime di sorveglianza particolare ai sensi dell'art. 14-bis, ord. pen., nonché a quelli che nell'ultimo anno sono stati sanzionati per le infrazioni disciplinari (tra cui rientrano di diritto anche i soggetti che hanno partecipato nei giorni scorsi alle rivolte nelle carceri).

In secondo luogo, il Decreto prevede la possibilità di usufruire di licenze premio straordinarie per i detenuti in regime di semilibertà, le quali potranno essere concesse sino al 30 giugno 2020, anche in deroga al limite massimo di quaranticinque giorni all'anno di cui all'art. 52, comma 1, ord. pen. (art. 124). La novità più rilevante, però, riguarda la procedura di controllo prevista per i condannati che devono scontare una pena superiore a sei mesi, salvo che si tratti di minorenni. A tale categoria, sarà applicato un braccialetto elettronico, o altro strumento tecnico; nel Decreto tuttavia, è specificato che i suddetti mezzi elettronici saranno resi disponibili con provvedimento del capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia, tenuto conto delle risorse finanziarie fruibili a legislazione vigente.


Ora, ad una prima lettura appare evidente come i provvedimenti emanati dal Governo inerenti il sistema penitenziario non siano in grado di tutelare la salute dei detenuti, nei confronti della possibilità di un estensione della pandemia anche all'interno delle carceri, atteso che un evento potenzialmente così drammatico potrebbe scatenare un rischio di contagio anche per tutto il personale che ogni giorno lavora a stretto contatto con i condannati (Direttori delle carceri, agenti penitenziari, personale sanitario, assistenti sociali, ecc.).

Terminate le proteste, dunque, molto si poteva fare, poco è stato fatto, considerato che la previsione del comma 5 dell'art. 123 del Decreto in analisi subordina l'applicazione della detenzione domiciliare all'utilizzo di strumenti tecnici (braccialetti elettronici), la cui carenza è ben nota. A tal proposito, il deficit di coordinamento sussistente all'interno del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia, unito alla perenne indisponibilità di risorse finanziarie utili all'acquisto di nuovi strumenti tecnici ellettronici, potrebbe determinare il rischio concreto di ineseguibilità della misura alternativa nei confronti di un numero elevato di detenuti richiedenti.

Ebbene, premesso che indulto e amnistia ci sembrano le soluzioni meno percorribili dal punto di vista della politica criminale, non appare disutile rammentare come a seguito delle rivolte in carcere l'Unione delle camere penali, il garante dei detenuti e le associazioni di volontariato avevano elaborato una serie di proposte, le quali probabilmente avrebbero contribuito, se non almeno in parte, ad attenuare gli atavici problemi di sovraffollamento carcerario2divenuti di dominio pubblico per merito del pilot judgement Torreggiani c. Italia del 20133. Tra queste, si segnalano alcune molto interessanti, quali l'acquisto di supporti tecnologici (uno smartphone per ogni cento detenuti presenti), a carico di ciascun isitituto penitenziario così da consentire, sotto il controllo visivo di un agente di polizia penitenziaria, i colloqui telefonici con l'esterno4; l'estensione dell'affidamento in prova in casi particolari di cui all'art. 47-bis, ord. pen. e della detenzione domiciliare ex art. 47-ter, ord. pen., anche a persone che abbiano problemi sanitari tali da rischiare aggravamenti a causa del coronavirus5; la prosecuzione della espiazione della pena in detenzione domiciliare per soggetti con pena residua non superiore a ventiquattro mesi, nonché per detenuti di età superiore ai settanta anni, previa indicazione di domicilio idoneo6; una diversa collocazione all'interno degli istituti penitenziari per i condannati in regime di lavoro all'esterno exart. 21, ord. pen.7; l'immediata applicazione presso i Tribunali di Sorveglianza di magistrati e personale in grado di accelerare le valutazioni sulla concessione o meno di misure alternative alla detenzione in atto pendenti8.

Senza dubbio, l'emergenza coronavirus ha mandato in tilt il Governo, creando una situazione di forte instabilità, culminata in un provvedimento inadeguato e dal carattere decisamente tardivo9. Di talché, non deve meravigliare se, al pari dei cittadini “liberi”, anche i detenuti possano legittimamente avere il timore di contrarre il Covid-19, per lo più se stipati in celle vetuste, situate all'interno di istituti penitenziari che di certo non favoriscono l'espiazione delle pene in condizioni di sicurezza. In un tale contesto, rammentare come la Costituzione si diriga verso una direzione esattamente opposta serve a poco; del resto, metaforicamente parlando, la bomba ad orologeria era stata piazzata da tempo, l'8 marzo scorso, è esplosa.


1Le rivolte hanno interessato sei mila detenuti, circa il 10% della popolazione carceraria attuale.

2Secondo l'ultima rilevazione del 29 febbraio 2020, i detenuti presenti negli istituti penitenziari italiani erano 61230, a fronte di una capienza regolamentare di 50931 posti.

3Cfr. Corte EDU, 8 gennaio 2013, Torreggiani e Altri c. Italia.

4Cfr. Carceri, 6 proposte di Antigone per affrontare l'emergenza, in www.antigone.it, 11 marzo 2020.

5Ibidem.

6Cfr. Appello pubblico al Governo, in www.camerepenali.it, 12 marzo 2020.

7Cfr. Provvedimenti, prospettive e soluzioni nell'emergenza in ambito carcerario. Il punto di vista di Francesco Maisto (Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale del comune di Milano), in Diritto Penale e Uomo, 11 marzo 2020.

8Cfr. Appello pubblico al Governo, in www.camerepenali.it, 12 marzo 2020.

9In attesa di una risposta tempestiva da parte del Governo, alcuni Direttori di svariati istituti penitenziari hanno emanato misure immediate, allo scopo di sgombrare il più presto possibile settori delle carceri da adibire alla quarantena nella malaugurata evenienza di un contagio. Sul punto, cfr. Cornavirus, direttrice Rebibbia anticipa Governo contro affollamento carceri: 50 detenuti a casa, in www.ilriformista.it, 13 marzo 2020.

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