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Earn out e tassazione delle plusvalenze derivanti da cessione di partecipazioni


Nelle operazioni di M&A ed in particolare in quelle di Sales and Purchase Agreement (da qui SPA) è ormai frequente l’introduzione nella contrattualistica nazionale di clausole di origine anglosassone volte ad ancorare parte del prezzo di cessione ai risultati futuri dell’azienda (earn out) le cui partecipazioni sono oggetto di transazione. L’earn out è una clausola contrattuale di aggiustamento (o integrazione) del prezzo nell’interesse dell’acquirente in quanto volta a ridurre il rischio derivante dall'acquisto di partecipazioni societarie.

A fronte quindi di una “parte fissa” che viene liquidata nella fase di closing dello SPA, viene prevista una “parte variabile” - chiamata earn out - determinabile solo in esercizi futuri ed in base al raggiungimento – o meno - di determinati risultati economico-finanziari futuri che, assommandosi a quella fissa, andrà a formare l’effettivo “Prezzo” di compravendita del pacchetto di quote od azioni. Ciò, se non pone particolari problematiche da un punto di vista civilistico, le pone dal punto di vista tributario posto che rende di fatto “variabile” - e per l’effetto non immediatamente determinabile - il Prezzo a cui contrapporre, per la determinazione della plus o minusvalenza, il valore di carico della partecipazione. Con la risposta ad interpello n. 782 del 16 novembre 2021, l’Agenzia delle Entrate ha esaminato la questione che impone quindi un analisi della norma di riferimento, ovvero l’art. 67, comma 1, lettere c) e c-bis) del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR). Il disposto normativo prevede che le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni e titoli similari da parte di persone fisiche al di fuori dell'esercizio di attività d'impresa, arti o professioni o in qualità di lavoratore dipendente rientrino nella categoria dei redditi diversi. La quantificazione della plusvalenza è, a mente dell’art. 68 del TUIR, determinata per la generalità dei casi dalla differenza tra il corrispettivo percepito (e quindi “per cassa”) e il costo di acquisto della partecipazione, aumentato di ogni onere inerente la produzione. Ai fini della individuazione del momento di realizzo della plusvalenza, come chiarito nella circolare 24 giugno 1998, n. 165/E (e successivamente confermato nelle circolari 28 marzo 2012, n. 11/E e 27 giugno 2014, n. 19/E), le plusvalenze si intendono realizzate nel momento in cui si perfeziona la cessione a titolo oneroso delle partecipazioni, titoli e diritti piuttosto che nell'eventuale diverso momento in cui viene liquidato il corrispettivo della cessione. Il momento di realizzo della plusvalenza, conseguentemente, consente di determinare il regime di tassazione applicabile, mentre quello in cui il corrispettivo viene percepito determina, sulla base del principio di cassa, il periodo d'imposta in cui il reddito deve essere assoggettato a tassazione.

Trattasi pur sempre di reddito diverso: tanto per la parte “fissa” percepita in fase di colosing quanto per la parte “variabile” (earn out) eventualmente percepita in futuro.

Entrambe le componenti sono da ricondursi alla medesima operazione, che deve essere considerata in maniera unitaria al fine di evitare che la modalità di pagamento del corrispettivo determini una doppia imposizione. Pertanto il “costo fiscale” della partecipazione dovrà essere contrapposto al prezzo complessivo dell’operazione la cui tassazione dovrà tener conto di eventuali plus/minusvalenze “interne” all’operazione stessa che potrebbero generarsi stante l’indeterminatezza, in fase di closing, del valore di earn out.

Ciò vale, a parere (condivisibile) dell’Amministrazione finanziaria, anche nel caso in cui il contribuente si sia avvalso del “costo fiscale” rideterminato ai sensi dei commi 1122 e 1123 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2020, n. 178 posto che la preclusione contenuta nell'articolo 5, comma 6, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 - cui tutte le recenti norme di rivalutazione delle partecipazioni si conformano - relativa all'impossibilità di utilizzare le minusvalenze realizzate, non si renderebbe applicabile.



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