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“L’obbligo vaccinale alla luce della recente giurisprudenza amministrativa”



(a cura dell’Avv. Fabrizia Rumma)

Con il presente approfondimento, esaminiamo tre sentenze emesse da diversi Tribunali amministrativi regionali con cui si delinea (e si conferma) l’orientamento restrittivo in materia di obbligo vaccinale, al fine di comprendere quali sono i limiti per cui un soggetto (nei casi specifici, tutti operatori nel settore sanitario) è obbligato o meno a vaccinarsi.

In particolar modo, vagliamo Tar Roma n. 37 del 4.1.2022, Tar Friuli-Venezia Giulia n. 2 del 4.1.2022 e Tar Sicilia n. 30 del 7.1.2022.

Nel primo caso, un’infermiera impugna l’atto di accertamento dell’obbligo vaccinale emesso dal Dipartimento di prevenzione, con conseguente sospensione del diritto di svolgere prestazioni e mansioni che implicano contatti interpersonali e comunque il rischio di diffusione del contagio da Sars-Cov-2. Secondo la ricorrente il provvedimento è illegittimo perché violerebbe la circolare ministeriale n. 32884 del 21.7.2021 nella parte in cui prevede che i guariti da Covid (come nel suo caso) sarebbero sottoposti ad una sola dose di vaccino da somministrare non prima dei sei mesi dalla guarigione e non oltre i dodici mesi dalla guarigione stessa. E secondo la prospettazione della ricorrente, essendo guarita nel mese di Gennaio 2021, il predetto obbligo potrebbe essere soddisfatto mediante una sola dose di vaccino entro Gennaio 2022.

Il Tar, decidendo in forma semplificata, ha ritenuto infondato il ricorso affermando che la circolare testè richiamata prevede la vaccinazione non alla stregua di semplice onere onde accedere ad una serie di attività e servizi (green pass) quanto piuttosto di vero e proprio obbligo a carico del personale sanitario…Diverso è il caso del personale sanitario il quale, a prescindere dalla ipotesi di guariti da Covid..è comunque tenuto a soddisfare tale obbligo entro i limiti perentoriamente prescritti dal citato art. 4 del DL n. 44/2021, ossia la stretta scansione procedimentale decorrente sin dal 1 aprile 2021 (data di entrata in vigore dell’obbligo vaccinale).

Nel caso in esame, l’Amministrazione sanitaria, osserva il Tar, ha comunque fatto scattare un simile obbligo soltanto una volta trascorsi i sei mesi dalla avvenuta guarigione della ricorrente (il primo invito a vaccinarsi risale al 26.7.2021, mentre la guarigione era avvenuta a Gennaio dello stesso anno).

Anche il Tar Friuli respinge il ricorso di un’infermiera che è insorta davanti i giudici amministrativi per chiedere l’annullamento del provvedimento di accertamento dell’inosservanza dell’obbligo vaccinale notificato dall’Azienda sanitaria. La ricorrente sostiene di non essere obbligata al vaccino perché esercita una funzione meramente amministrativa, priva di contatto con i pazienti; non sarebbero state, inoltre, valutate le gravi patologie di cui è affetta per cui il medico di medicina generale ne ha attestato l’esenzione. Articola, inoltre, plurime censure sull’assenza di sperimentazione dei vaccini che non sarebbero in grado di produrre immunità; evidenzia che il vaccino è stato autorizzato in via condizionata e quindi non potrebbe applicarsi l’obbligo vaccinale.

Per i giudici friulani le doglianze dell’infermiera sono infondate.

In particolare, sostengono che al fine di determinare l’idoneità della certificazione del medico generale ad esonerare il sanitario dall’obbligo vaccinale, occorre che detto certificato attesti specificamente tanto le “specifiche condizioni cliniche documentate” che il “pericolo per la salute” che ne deriva, essendo altrimenti impedito l’esercizio di qualsiasi potere di verifica da parte dell’Azienda sanitaria. Su tali premesse, analizzando il documento depositato dalla ricorrente, il Collegio ha osservato che presenta un contenuto assolutamente generico (l’esonero “è giustificato dalla sola esigenza, in scienza e coscienza, di tutelare la salute della medesima”) e non conforme al contenuto della disposizione di legge.

Con riferimento all’attendibilità e sicurezza del vaccino, tanto contrastata dalla ricorrente, il Tar ha rilevato che tutte le questioni relative alla sicurezza del vaccino, alla compatibilità costituzionale dell’obbligo, alla sua conformità ai principi di ragionevolezza e proporzionalità, sono state ampiamente trattate nella giurisprudenza di questo Tar (a partire da Tar Friuli-Venezia Giulia, 10 settembre 2021, n. 261) e dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (Cons. Stato, sez. III, 20 ottobre 2021, n. 7045 e Cons. Stato, sez. III, 20 dicembre 2021, n. 8454).

A tal proposito, la sentenza Cons. Stato, sez. III, 20 ottobre 2021, n. 7045, in particolare, ha messo in luce che: a) i vaccini per i quali è previsto l'obbligo oggi contestato presentano tutte le necessarie autorizzazioni rilasciate dalle preposte Autorità internazionali e nazionali; b) le verifiche scientifiche e i procedimenti amministrativi previsti per il rilascio delle dette autorizzazioni risultano conformi alla normativa e quindi tali da fornire, anche in un'ottica di rispetto del principio di precauzione, sufficienti garanzie - allo stato delle attuali conoscenze scientifiche, unico possibile metro di valutazione - in ordine alla loro efficacia e sicurezza; c) non è concepibile consulto peritale più autorevole, qualificato e affidabile di quello espresso dalle stesse autorità nazionali e sovranazionali regolatrici della materia, sicché anche un supplemento di indagine in astratto esperibile da questo giudice non potrebbe che alle stesse autorità fare rinnovato riferimento.

In conformità ai principi già diffusamente affermati, anche il Tar Sicilia con la sentenza resa ai sensi dell’art. 60 cpa, n. 30 del 7.1.2022, ha rigettato il ricorso presentato da una farmacista avverso e per l’annullamento dell’atto di accertamento dell’Azienda Sanitaria Provinciale concernente l’inadempienza al previsto obbligo vaccinale contro SARS-CoV2. La ricorrente ha motivato l’illegittimità del provvedimento invocando gravi patologie di cui è affetta che non sarebbero state scrutinate dall’ASL, la mancata indicazione della durata della sospensione e l’incostituzionalità dell’art. 4 DL 44/2021 per disparità di trattamento tra i lavoratori.

Spiega il Tar che dal procedimento amministrativo disciplinato dall’art. 4, attinente all’accertamento e l’esecuzione dell’obbligo vaccinale, emerge l’assenza “di discrezionalità amministrativa o tecnica dell’amministrazione cui è attribuito il compito di verificare l’esistenza delle tassative ipotesi di esenzione dall’obbligo vaccinale. L’assenza di qualsiasi margine di valutazione dell’amministrazione rende l’attività della stessa vincolata anche con riguardo agli adempimenti istruttori necessari per verificare la ricorrenza delle ipotesi di esenzione dall’obbligo, tassativamente previste. Alle amministrazioni intimate, infatti, sono attribuiti tassativi poteri istruttori consistenti nella mera presa d’atto di fatti e valutazioni portati da documenti comprovanti circostanze oggettive non opinabili (adempimento dell’obbligo vaccinale o insussistenza del presupposto soggettivo per l’applicazione dell’obbligo) o incorporanti valutazioni tecniche operate da altri soggetti (medici di medicina generale). Ha chiarito la giurisprudenza come, in tali ipotesi, il privato non possa lamentare la mera violazione della partecipazione procedimentale, ma deve anche quantomeno indicare quali sono gli elementi conoscitivi che avrebbe introdotto nel procedimento e avrebbero comportato un esito diverso da quello risultante dall’atto impugnato (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 29 aprile 2009, n. 2737). In mancanza di tali specifiche allegazioni è da ritenere l’irrilevanza della contestazione di vizi meramente formali o procedimentali, ex art. 21-octies della legge n. 241 del 1990 (T.A.R. Campania, Napoli, 7 maggio 2016, n. 1746). La ricorrente si è limitata, invece, a una generica indicazione sul proprio stato di salute senza indicare le specifiche patologie da cui è affetta e senza produrre la specifica certificazione medica indicata dal comma 2. Alla luce delle predette considerazioni la lamentata violazione procedimentale deve considerarsi irrilevante ai fini della legittimità del provvedimento impugnato (Cons. Stato, Sez. II, 17 giugno 2019, n. 4089; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VII, 21 novembre 2016, n. 5370).”

Per quanto concerne, invece, la censura sull’omessa indicazione del periodo di sospensione, i Giudici hanno osservato che il termine di efficacia è fissato ex lege dal comma 9 del citato art. 4 ove prevede (va) espressamente che la sospensione mantiene efficacia fino all’assolvimento dell’obbligo vaccinale o, in mancanza, fino al completamento del piano vaccinale nazionale e comunque non oltre il 31 Dicembre 2021” (articolo sostituito, si cfr nota a piè di pagina *).

Degno di nota è il rilievo circa il carattere condizionato dell’autorizzazione, su cui il Tar, riportando quanto già espresso da Cons. Stato, Sez. III, 20 ottobre 2021, n. 7045, par. 26.4, osserva che «come ha osservato la Corte costituzionale – in riferimento alla normativa che introduceva la vaccinazione obbligatoria contro l’epatite virale di tipo B, impugnata anche per la omessa previsione di accertamenti preventivi idonei quantomeno a ridurre il rischio, pur percentualmente modesto, di lesioni all’integrità psicofisica per le complicanze del vaccino – “la prescrizione indeterminata e generalizzata di tutti gli accertamenti preventivi possibili, per tutte le complicanze ipotizzabili e nei confronti di tutte le persone da assoggettare a tutte le vaccinazioni oggi obbligatorie” renderebbe “di fatto impossibile o estremamente complicata e difficoltosa la concreta realizzabilità dei corrispondenti trattamenti sanitari” (Corte cost., 23 giugno 1994, n. 258)». Inoltre, «Il carattere condizionato dell’autorizzazione non incide sui profili di sicurezza del farmaco (nel sito dell’ISS, che richiama a sua volta quello dell’EMA, si ricorda “una autorizzazione condizionata garantisce che il vaccino approvato soddisfi i rigorosi criteri Ue di sicurezza, efficacia e qualità, e che sia prodotto e controllato in stabilimenti approvati e certificati in linea con gli standard farmaceutici compatibili con una commercializzazione su larga scala”) né comporta che la stessa debba essere considerata un minus dal punto di vista del valore giuridico, ma impone unicamente al titolare di “completare gli studi in corso o a condurre nuovi studi al fine di confermare che il rapporto rischio/beneficio è favorevole».

Sulla scorta di tali motivazioni, anche il ricorso della farmacista siciliana è stato rigettato.

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Tanto premesso, è ben evidente che l’orientamento giurisprudenziale in materia di obbligo vaccinale sia ormai costante e che può brevemente riassumersi come segue in base alla enunciazione di principi generalmente applicabili:

a) l’obbligo vaccinale, per le categorie interessate**, è imposto ex lege e l’Amministrazione competente è titolare di un’attività vincolata e non discrezionale, per cui può soltanto verificare se l’obbligo è stato rispettato e se sussistono, diversamente, motivi oggettivi e ostativi a tale adempimento che implicano l’esibizione, da parte dell’interessato, di certificazione medica specifica e puntuale rilasciata dal medico di medicina generale;

b) i vaccini per i quali è previsto l'obbligo presentano tutte le necessarie autorizzazioni rilasciate dalle preposte Autorità internazionali e nazionali;

c) il carattere condizionato dell’autorizzazione non incide sui profili di sicurezza del farmaco.


Considerato il mutevole quadro normativo, e anche scientifico, fermo restando i principi cardine espressi sulla sicurezza dei vaccini, non si escludono, esaminati casi concreti più convincenti, orientamenti divergenti o comunque meno restrittivi in materia.






*L’articolo 4 è stato interamente sostituito dall’art. 1, comma 1, lett. b), D.L. 26 novembre 2021, n. 172, che in merito alla sospensione dispone che: 5. La sospensione di cui al comma 4 è efficace fino alla comunicazione da parte dell'interessato all'Ordine territoriale competente e, per il personale che abbia un rapporto di lavoro dipendente, anche al datore di lavoro, del completamento del ciclo vaccinale primario e, per i professionisti che hanno completato il ciclo vaccinale primario, della somministrazione della dose di richiamo e comunque non oltre il termine di sei mesi a decorrere dal 15 dicembre 2021. Per il periodo di sospensione non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominato. Il datore di lavoro verifica l'ottemperanza alla sospensione disposta ai sensi del comma 4 e, in caso di omessa verifica, si applicano le sanzioni di cui all'articolo 4-ter, comma 6.

**Ai sensi del DL n. 44/2021 l’obbligo vaccinale si applica alle seguenti categorie: a) esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario (art. 4); b) lavoratori impiegati in strutture residenziali, socio-assistenziali e socio-sanitarie (art. 4bis); c) personale della scuola, del comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico, della polizia locale, degli organismi della legge n. 124 del 2007, delle strutture di cui all'articolo 8-ter del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, degli istituti penitenziari, delle università, delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica e degli istituti tecnici superiori (art. 4ter); d) ultra cinquantenni (art. 4 quater).


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