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UDIENZA DI RIESAME SOLO PER IL DETENUTO CHE HA PRESENTATO ISTANZA CONTESTUALE (CASS.S.U. 11803/2020)

di seguito uno stralcio della pronuncia

(a cura di Ilaria Romano)



“Nel procedimento di riesame avverso provvedimenti impositivi di misure cautelari coercitive la persona detenuta o internata ovvero sottoposta a misura in concreto limitativa della possibilità di partecipare all'udienza camerale può esercitare il diritto di comparire personalmente all'udienza stessa solo se ne ha fatto richiesta, anche per il tramite del difensore, con l'istanza di riesame, ferma restando la facoltà di chiedere di essere sentita su specifici temi con l'istanza di differimento ai sensi dell'art. 309 c.p.p., comma 9-bis

“(…) le Sezioni Unite (…) ritengono (…) di affrontare la questione di diritto (…) che può essere così sintetizzata: se, nel procedimento di riesame avverso provvedimenti impositivi di misure cautelari personali, il soggetto sottoposto alla misura, che intenda esercitare il diritto di comparire personalmente all’udienza camerale ai sensi dell'art. 309, comma 8-bis, cod. proc. pen., debba formularne istanza nella richiesta di riesame, oppure possa presentare la richiesta anche non contestualmente ad essa, ma comunque in tempo utile per consentire di organizzare la tempestiva traduzione ai fini del regolare svolgimento del procedimento.

“La questione si pone in relazione alle modifiche apportate all'art. 309 c.p.p. dalla L. 16 aprile 2015, n. 47, art. 11. Prima della novella la disciplina della partecipazione all’udienza di riesame dell’imputato detenuto che ne avesse fatto richiesta era affidata all’art. 309 c.p.p., comma 6, e al rinvio operato dall’art. 309, comma 8, c.p.p. al procedimento in camera di consiglio ex art. 127, il cui comma 3 stabilisce che “se l’interessato è detenuto o internato in un luogo posto fuori dalla circoscrizione del giudice e ne fa richiesta, deve essere sentito prima del giorno dell'udienza dal magistrato di sorveglianza del luogo”. Per un miglior inquadramento della questione (…) è opportuno richiamare (…) i diversi orientamenti formatisi nella giurisprudenza di legittimità (…) in relazione alla disciplina previgente.”

“Sez. U, n. 40 del 22/11/1995, dep. 1996, Carlutti, Rv. 203771-2 ha affermato, per un verso, che la mancata traduzione, perché non disposta o non eseguita, dell’imputato, indagato o condannato che ne abbia fatto richiesta, all’udienza di riesame determina la nullità assoluta e insanabile, a norma dell’art. 179 c.p.p., dell’udienza camerale e della successiva pronuncia del Tribunale sull’istanza di riesame e, per altro verso, che la nullità di tale ordinanza non comporta la cessazione di efficacia della misura coercitiva disposta.

Sez. U, Carlutti ha avuto modo di sottolineare come la questione si ponesse negli stessi termini per l’indagato detenuto nell’ambito o fuori della circoscrizione del Tribunale, dopo l’interpretazione dell’art. 127 c.p.p. offerta dalla sentenza n. 45 del 1991 della Corte costituzionale secondo cui, in tale seconda ipotesi, il giudice del riesame è tenuto ad assicurare la presenza dell’interessato dinanzi a sé qualora questi ne faccia specifica richiesta. (…)”

“La L. 16 aprile 2015, n. 47, art. 11 ha apportato varie modifiche alla disciplina dettata dall’art. 309 c.p.p., modifiche volte, ad uno sguardo complessivo, a rafforzare la tutela dei tempi prescritti dal codice per la definizione del procedimento di riesame e, allo stesso tempo, a consentire all’imputato di fruire di un maggior periodo di tempo per preparare la propria difesa. (…)

Le (…) innovazioni introdotte dalla L. n. 47 del 2015, art. 11, chiamano immediatamente in causa la questione controversa oggi all’esame delle Sezioni unite: l’art. 11, comma 1 ha aggiunto alla fine del primo periodo dell’art. 309 c.p.p., comma 6 le parole “e l’imputato può chiedere di comparire personalmente”, mentre sempre il cit. art. 11., comma 2, ha aggiunto alla fine dell’art. 309, comma 8 bis, il periodo “L’imputato che ne abbia fatto richiesta ai sensi del comma 6 ha diritto di comparire personalmente. (…)”.

“Il primo, di gran lunga maggioritario, orientamento propende per la tesi secondo cui, nel procedimento di riesame avverso provvedimenti impositivi di misure cautelari personali, per effetto della modifica dell’art. 309 c.p.p., commi 6 e 8-bis, operata dalla L. n. 47 del 2015, il soggetto sottoposto a misura privativa o limitativa della libertà personale può esercitare il diritto di comparire personalmente all’udienza camerale solo se ne ha fatto richiesta, anche per il tramite del difensore, nell’istanza di riesame (…).

Superando le asimmetrie derivanti dal luogo di detenzione dell’imputato, l’assetto normativo prefigurato dalla L. n. 47 del 2015 “riconosce il diritto di partecipare all’udienza pieno ed identico per ogni indagato, senza differenze derivanti dal luogo della detenzione” (…).

Pertanto, la richiesta ai sensi dell’art. 309 c.p.p., commi 6 e 8-bis, se tempestivamente avanzata, “trasforma l’istante in un soggetto “a partecipazione necessaria” e genera in capo all’autorità procedente il correlato obbligo di traduzione, il mancato adempimento del quale produce la nullità assoluta ed insanabile dell’udienza camerale ai sensi degli artt. 178 e 179 c.p.p., restando impregiudicata l’efficacia della misura imposta” (…)”.

“Il secondo orientamento, invece, propende per la tesi secondo cui il diritto della persona sottoposta a restrizione della libertà di partecipare all’udienza dinanzi al tribunale del riesame non è sottoposto a limitazioni o decadenze, quando la relativa richiesta sia stata tempestivamente esercitata in modo da permettere, senza interruzioni, il regolare ed ordinato svolgimento del procedimento di cui all’art. 309 c.p.p. (Sez. 2, n. 36160 del 03/04/2017, Giordano, Rv. 270683). Anche questo orientamento fa leva su argomenti letterali e argomenti di ordine sistematico.

Quanto ai primi, si è sottolineato che “l’art. 309 c.p.p., comma 6 stabilisce che l’imputato, con la richiesta di riesame “può” chiedere di comparire, e non che “deve” farlo” e che la disposizione “non prevede alcuna sanzione processuale espressa, per il caso che ciò non avvenga”, mentre il medesimo periodo, non oggetto di modifiche da parte della novella del 2015, stabilisce “che, sempre con la richiesta di riesame, “possono” essere enunciati anche i motivi d’impugnazione: e nessuno revoca in dubbio - secondo un’interpretazione ormai sedimentatasi nei decenni di vigenza immutata di tale disciplina - che quelli possano essere proposti anche con atto separato e successivo rispetto a quello introduttivo dell’incidente cautelare” (…).

Sul piano sistematico, il secondo orientamento (…), sottolinea la particolare valenza difensiva del diritto di partecipazione all’udienza di riesame: infatti, l’“intento del legislatore di individuare un momento certo e preciso per avanzare la richiesta di comparire deve opportunamente bilanciarsi con la valenza difensiva del diritto di partecipare all’udienza camerale e con le concorrenti esigenze di concreta garanzia dell’esplicazione delle facoltà e dei diritti dell’interessato, la cui effettività non può essere formalisticamente compressa cristallizzandone l’esercizio in un momento (la presentazione della richiesta di riesame) ancora inevitabilmente connotato dalla fluidità delle strategie difensive” (…).”

“Le Sezioni Unite ritengono di dover pervenire a una soluzione della questione controversa che prenda le mosse dall’impostazione del primo orientamento, ma valorizzi anche la facoltà di chiedere il differimento dell’udienza al fine di consentire all’imputato di essere sentito su specifici temi. (…)”

In limine, è necessaria una puntualizzazione che contribuisce a definire la stessa portata della questione controversa rimessa alla cognizione delle Sezioni Unite. La disciplina in esame sull’esercizio del diritto di comparizione dinanzi al giudice del riesame trova applicazione nei confronti dell’imputato detenuto o internato ovvero sottoposto a misura coercitiva in concreto limitativa della possibilità di partecipare all’udienza: fuori da questi casi e, dunque, in presenza di una misura coercitiva che in concreto non limiti tale possibilità, la necessità stessa di disciplinare l’esercizio del diritto di comparizione risulterebbe del tutto irragionevole e, in buona sostanza, estranea al sistema (…).”

“Vista nel suo insieme, la disciplina del segmento della complessiva vicenda cautelare (…) consegna un assetto in virtù del quale alla difesa è assicurata un’ampia conoscenza degli atti e degli elementi posti a sostegno dell’applicazione della misura coercitiva (…).

(…) l’ancoraggio della richiesta di comparire all’udienza camerale alla presentazione della richiesta di riesame si inserisce in un quadro nel quale è assicurata, in quel momento, la conoscenza degli elementi in base ai quali operare la scelta sulla comparizione dell’imputato: il che rende ragione del rilievo che, al momento della presentazione della richiesta di riesame, la difesa è senz’altro in grado di operare le valutazioni sottese alla partecipazione o meno del detenuto all’udienza camerale.”

“Le pronunce riconducibili al secondo orientamento svalutano il dato letterale, sottolineando, per un verso, l’utilizzo, nel corpo dell’art. 309 c.p.p., comma 6, del verbo “può”, anziché del verbo “deve” (“... l’imputato può chiedere di comparire personalmente”) e, per altro verso, che il comma 8-bis del medesimo articolo “nulla dice sui tempi e sulle modalità di presentazione della richiesta di comparire, rinviando interamente, sul punto, alla regola del comma 6” (…).

Nessuno dei due argomenti è convincente.

Quanto al primo, all’utilizzo della locuzione verbale “può” deve riconoscersi semplicemente valenza ricognitiva della configurazione legislativa del procedimento di riesame come a partecipazione eventuale dell’interessato e, dunque, della sua riconducibilità nel genus del procedimento in camera di consiglio (…).

Quanto all’art. 309 c.p.p., comma 8-bis, esso ribadisce che il diritto di comparizione personale dinanzi al giudice del riesame deve essere esercitato attraverso la “richiesta di cui al comma 6”, ossia con la richiesta di riesame, sicché l’innovazione normativa (…) instaura una correlazione in termini di contestualità tra richiesta di riesame e richiesta di comparizione personale (…).”

“La già richiamata contestualità necessaria tra richiesta di riesame e richiesta di comparizione personale non introduce (…) una decadenza dalla facoltà di comparire all’udienza di riesame, posto che tale istituto presuppone la previsione - e l’inosservanza - di termini ex art. 172 c.p.p., termini assenti nella disciplina introdotta dalla L. n. 47 del 2015.

L’art. 309 c.p.p., commi 6 e 8-bis, nella formulazione introdotta dalla legge ora citata, si limitano, invece, a disciplinare le modalità di esercizio del diritto a comparire dinanzi al giudice del riesame, prescrivendo la contestualità della relativa richiesta rispetto a quella di riesame (…).”

“Le ragioni di ordine sistematico che concorrono nel confermare la soluzione accolta ineriscono (…) alla configurazione, del tutto peculiare, del procedimento di riesame e al suo articolarsi secondo una serrata scansione temporale presidiata dalla comminatoria della perdita di efficacia della misura coercitiva in caso di superamento dell’arco temporale previsto per ciascun segmento procedimentale (…).”

“In altri termini, l’interpretazione della disciplina in esame qui delineata consente, fin dal momento della fissazione dell’udienza (…), una programmazione tendenzialmente affidabile del lavoro dei giudici del riesame: condizione, questa, decisiva per assicurare, al contempo, l’osservanza dei termini perentori per la decisione e per il deposito della motivazione previsti dal legislatore a tutela della certezza dei tempi della decisione stessa e della sua eventuale impugnazione. È in questo legame tra l’affidabilità della programmazione dei lavori del tribunale del riesame (…) e la disciplina dei termini resa ancora più rigorosa dalla L. n. 47 del 2015 che si coglie la valenza sistematica dell’interpretazione qui accolta.”


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