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GIUDICATO SILENTE E SPAZIO REGOLATIVO LASCIATO VUOTO (Cons. St., n. 4369/2020)

di seguito uno stralcio della pronuncia

(a cura di Rossella Bartiromo)

“È pur vero, dunque, che il giudicato copre il dedotto e il deducibile in relazione al medesimo oggetto e, pertanto, riguarda non solo le ragioni giuridiche e di fatto esercitate in giudizio ma anche tutte le possibili questioni, proponibili in via di azione o eccezione, che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici, essenziali e necessari, della pronuncia.

(…)

2. Non resta, pertanto, che rendere una applicazione del giudicato la più conforme ai principi ordinamentali, anche in virtù del criterio di stretta continenza che deve orientare il giudice amministrativo nel dare esecuzione alle pronunce emesse da organi giudicanti appartenenti ad altri plessi giurisdizionali.

3. Così operando, non si determina alcuna impropria manipolazione interpretativa del decisum.

E’ facile constatare, infatti, come innanzi ad un giudicato “silente” quale quello qui in esame, entrambe le opzioni patrocinate dalle parti contendenti (…) finiscono per provocare un arricchimento regolativo del tratto esecutivo rimasto incompiuto.

Nondimeno, questo effetto arricchente si produce come conseguenza di linee di ragionamento niente affatto equivalenti, posto che in un caso si fa luogo all’applicazione di regole ordinamentali che riconducono l’ottemperanza a conclusioni coerenti con il sistema normativo; nell’altro caso, si propone di orientare l’esecuzione verso un esito interpretativo manifestamente extra ordinem.

Non resta, dunque, che colmare lo spazio regolativo lasciato vuoto dal giudicato, senza alterarne il contenuto ma integrandolo nella parte mancante attraverso l’applicazione dei principi generali dell’ordinamento (v. art. 12 disposizioni preliminari al codice civile)”.


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