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Non viola l'art. 6 CEDU il verbale di sequestro sottoscritto mediante violenza


@ Image credits: Council of Europe



A cura di Emanuele Sylos Labini


Nell'ottica di sviluppare un contenuto che possa essere di ausilio per studiosi e professionisti, a partire dal mese di ottobre 2020, verrà pubblicato con cadenza regolare l'Osservatorio sulla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, la cui influenza diretta sugli orientamenti degli ordinamenti nazionali pare destinata sempre più ad aumentare.

La rubrica contiene una rassegna di stralci di pronunce accuratamente selezionate secondo la rilevanza delle questioni trattate, corredate da un breve riferimento alla massima, nonché all'indicazione dell'articolo della Convenzione violato.

Per i casi che non riguardano il nostro ordinamento, in assenza di una traduzione ufficiale in lingua italiana, si è preferito procedere ad un breve riassunto della quaestio in analisi, a cui segue il riferimento diretto al link ove è presente la pronuncia in lingua inglese.



Non viola l'art. 6 CEDU il verbale di sequestro sottoscritto mediante violenza.


Corte EDU, 26 gennaio 2021, ricorso nn. 73313/17 e 20143/19, Zličić v. Serbia

(sentenza in lingua: http://hudoc.echr.coe.int/eng?i=001-207467)



Massima

Non vi è violazione dell’art. 6 Cedu nel caso di ammissione, all’interno del processo penale, di materiale probatorio – nella specie un verbale di sequestro –, ottenuto mediante violenza, qualora lo stesso non sia stato determinante per la condanna del ricorrente.


Caso

Nel caso di specie, il ricorrente, cittadino serbo, era stato condannato per possesso ingiustificato per uso personale di sostanza stupefacente, del tipo “Cannabis”. Nel corso del processo penale era stata ammesso, come prova, il decreto di sequestro della sostanza, la cui sottoscrizione del ricorrente era stata estorta con violenza fisica da parte degli agenti di polizia. Ancora, il ricorrente ritiene di essere stato sottoposto a maltrattamenti, qualificabili come tortura, con la finalità di ottenere la confessione sul possesso del materiale stupefacente.

La Corte di Strasburgo se da una parte ha ritenuto che vi fosse stata una violazione dell’art. 3 Cedu sul piano procedurale – che impone agli Stati contraenti l’obbligo di avviare un procedimento di accertamento ogniqualvolta vi sia la denuncia o il sospetto ragionevole che siano stati posti in essere atti di tortura o trattamenti inumani o degradanti ai danni di una persona sottoposta per qualsiasi ragione in vinculis –,in quanto le autorità giudiziarie nazionali non aveva accertato le dichiarazioni del ricorrente che, relativamente alla violenza subita aveva prodotto documentazione medica; dall’altra parte, non ha riconosciuto alcuna violazione del diritto ad un equo processo. Più nel dettaglio, il ricorrente lamentava l’utilizzo, in sede processuale, di prove ottenute mediante violenza e, in particolare, del verbale di sequestro firmato sotto minaccia. Sul punto, la Corte europea, pur riconoscendo che l’assunzione di materiale probatorio ottenuto in violazione dell’art. 3 Cedu possa inficiare l’equità del processo, ha affermato che l’art. 6 Cedu non contenga alcuna disposizione sulla procedura di ammissibilità delle prove, la cui disciplina è riservata ai singoli ordinamenti nazionali. Oltretutto, la condanna del ricorrente non era stata fondata sul decreto di sequestro, quanto piuttosto sulla perizia della sostanza stupefacente e sulle deposizioni degli agenti di polizia.

I Giudici di Strasburgo concludono, dunque, che nel caso di specie non vi sia stata violazione dell’art. 6 Cedu, posto che il verbale di sequestro probatorio si limitava ad attestare le attività investigative compiute dagli agenti in quelle circostanze di tempo e di luogo, senza rendere atto di alcuna dichiarazione confessoria.


(Riassunto a cura di Giulio Baffa)






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