(A cura di Davide Fricchione)
NOTA A Cass. Pen., Sez. III, n. 9380, 9 marzo 2020 (Presidente IZZO, Relatore LIBERATI)
Sommario: 1. La vicenda processuale – 2. I motivi di ricorso – 3. La soluzione offerta dalla Corte di Cassazione: la Suprema Corte evidenzia la configurabilità del concorso formale tra il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte e quello di bancarotta fraudolenta per distrazione e sancisce l’incompatibilità tra sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del profitto di reato di bancarotta fraudolenta e secondo sequestro preordinato alla confisca medesima in relazione al reato tributario – 4. Considerazioni conclusive
La vicenda processuale
Con ordinanza del 24 dicembre 2018, il Tribunale del Riesame di Roma respingeva la richiesta di riesame presentata congiuntamente da M.C. e S.C. avverso il decreto del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Tivoli, emanato il 19 novembre 2018, con cui era stato disposto il sequestro diretto dei beni trasferiti dalla B.P. e Figli S.r.l. ad altra società e anche per equivalente dei beni dei richiedenti, in relazione al reato di cui all’art. 11, D.lgs. 74/2000.Avverso l’ordinanza emanata dal Tribunale del Riesame di Roma, gli indagati ricorrevano per cassazione congiuntamente, fondando il gravame su due motivi.
I motivi di ricorso
Con il primo motivo, essi lamentavano l’errata applicazione degli artt. 321 c.p.p. – 12 bis D.lgs. 74/2000, in virtù della mancanza di presupposto richiesto per poter disporre il sequestro per equivalente dei beni degli amministratori di una società, a scopo di confisca del profitto del reato tributario dagli stessi commesso, agendo in nome e per conto dell’ente, costituito dall’impossibilità di procedere al sequestro diretto del profitto del reato1 consistente, nel caso di specie, nei beni oggetto delle simulate e fraudolente alienazioni, sottoposti a sequestro diretto, anche se in relazione all’ipotesi delittuosa della bancarotta fraudolenta.I due ricorrenti dunque censuravano l’affermazione del Tribunale, secondo cui le misure applicate dal GIP presso il Tribunale di Tivoli sarebbero compatibili, in quanto strumentali alla salvaguardia degli interessi protetti dalla due fattispecie di delitto ascritte agli indagati.Contrariamente a quanto affermato dal Tribunale, veniva disposta una duplicazione delle garanzie patrimoniali, in quanto il medesimo credito dell’Erario (pari a euro 1.200.000,00) ricadeva nell’insinuazione al passivo fallimentare e risultava garantito sia dal sequestro diretto dei beni oggetto del reato di bancarotta fraudolenta distrattiva sia dal sequestro per equivalente disposto sui beni degli amministratori della società.Con un secondo motivo, lamentavano altresì la insufficienza di motivazione in ordine alle ragioni per le quali i beni oggetto di alienazioni e simulazioni fraudolente avrebbero dovuto essere sottoposti a sequestro in relazione al reato fallimentare e non di quello tributario.
La soluzione offerta dalla Corte di Cassazione: la Suprema Corte evidenzia la configurabilità del concorso formale tra il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte e quello di bancarotta fraudolenta per distrazione e sancisce l’incompatibilità tra sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del profitto del reato di bancarotta fraudolenta e secondo sequestro preordinato alla confisca medesima in relazione al reato tributario
La Suprema Corte si pronunciava stabilendo la infondatezza dei due motivi di gravame su cui i ricorrenti avevano presentato congiuntamente le proprie doglianze, condannando al pagamento delle spese processuali.Il Collegio anzitutto ribadiva la configurabilità del concorso tra il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte e quello di bancarotta fraudolenta per distrazione, in quanto le relative disposizioni incriminatrici non regolano la stessa materia ai sensi dell’art. 15 c.p., stante la diversità del bene giuridico tutelato – interesse fiscale alla riscossione coattiva da un lato, interesse del ceto creditorio al soddisfacimento dei propri diritti dall’altro – la natura delle fattispecie astratte – di pericolo quella fiscale, di danno quella fallimentare – le diversità del soggetto agente – tutti i contribuenti nel caso di reato fiscale, soltanto gli imprenditori falliti nell’ipotesi di reato fallimentare – la differenza tra elementi soggettivi dei due reati – dolo specifico quanto alla prima e dolo generico quanto alla seconda. Orbene, avuto riguardo al sequestro preventivo disposto nei confronti dei beni oggetto delle distrazioni e simulazioni fraudolente dei ricorrenti, esso veniva disposto per evitare il compimento di ulteriori atti di disposizione e la loro dispersione, in ordine da determinare la sussistenza di un vincolo di indisponibilità dei beni del tipo pignoramento ovvero provvedimento ablatorio, precludendo così la possibilità di imporre sugli stessi beni un ulteriore vincolo strumentale alla loro confisca, giacchè tale vincolo risulterebbe inutilmente apposto in caso di confisca del profitto del reato di bancarotta o nel caso in cui il sequestro preventivo, precedentemente disposto, verrebbe mantenuto a fini conservativi.Pertanto, a ragion di logica, veniva correttamente eseguito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente del profitto del reato nei confronti del legale rappresentante della Società in luogo di quello in via diretta del profitto del reato dal momento che, all’esito della valutazione dello stato patrimoniale societario dell’ente, risultava impossibile il sequestro diretto del profitto del reato come, d’altronde, nel caso di specie, stante un ulteriore vincolo di indisponibilità dei beni ad importare l’impossibilità di eseguire il predetto.
Considerazioni conclusive
La mirabile attività nomofilattica della Suprema Corte offre significativi spunti di riflessione nonché fulgidi insegnamenti circa l’opportunità di procedere attraverso il sequestro preventivo finalizzato alla confisca del profitto di un illecito penal-tributario in luogo del sequestro diretto del profitto di beni oggetto di reato presupposto diverso dal reato fiscale.In primo luogo, poiché l’eventuale capienza dei beni di cui è stato disposto il sequestro in via diretta in relazione al reato di bancarotta fraudolenta distrattiva certamente non impedisce di disporre anche il sequestro per equivalente dei beni degli amministratori della persona giuridica, avuto riguardo al vincolo di indisponibilità gravante sui predetti in relazione al reato di bancarotta e l’impossibilità di procedere in via diretta al sequestro del profitto del reato tributario.In secondo luogo, poiché non v’è alcuna disposizione di legge che precluda di operare la confisca per equivalente del profitto di reato in luogo del sequestro diretto del medesimo profitto disposto in relazione ad altro reato, per il quale già sussista un vincolo di indisponibilità.
1 A scopo di ulteriore approfondimento, si consiglia la lettura della cd. “Sentenza Lucci”, emanata dalla Cassazione a Sezioni Unite, n. 10561 del 2014.
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