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Sulla nozione di “prossimi congiunti” - di Ilaria Romano






(A cura di Ilaria Romano)


A seguito dell’ultimo DPCM del 24 aprile 2020, i cui contenuti sono stati anticipati durante la conferenza stampa del Presidente del Consiglio in data 26 aprile u.s., si è sollevata una fibrillazione ermeneutica sul significato della locuzione “prossimi congiunti”. In attesa della versione definitiva del testo del Decreto citato, proviamo a offrire un chiarimento in relazione a uno degli aspetti più controversi - e ricercati su internet - dell’atto in parola, ferme restando le modifiche opportune che interverranno nelle more della pubblicazione o successivamente ad essa. Il Decreto, all’art. 1 c. 1 lett. a), consente espressamente “solo gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute e si considerano necessari gli spostamenti per incontrare congiunti purché venga rispettato il divieto di assembramento e il distanziamento interpersonale di almeno un metro e vengano utilizzate protezioni delle vie respiratorie”.Sulle “comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità” o sui “motivi di salute” nulla quaestio, essendo gli italiani già avvezzi a tali espressioni fin dal principio della fase 1; sulla definizione di “congiunti”, invece, nelle ultime ore si è incentrato il dibattito interpretativo. Cosa vuol dire “prossimi congiunti”? E perché se ne trova la definizione solo nel codice penale, all’art. 307 c. 4, curiosamente intitolato “assistenza ai partecipi di cospirazione o di banda armata” che, almeno nella rubrica, sembra richiamare una forma di assembramento ancor più vietata dal distanziamento sociale? Scherzi a parte, occorre qualche chiarimento.Innanzitutto, il testo del DPCM del 24 aprile, come appena riportato, fa riferimento letterale ai soli “congiunti”. Tuttavia, data la situazione di perdurante pandemia, non serve lume ulteriore rispetto al buon senso per comprendere come sia necessario - se proprio si deve - incontrare solo i congiunti più prossimi: una estensione a ogni grado di parentela e affinità finirebbe, infatti, per inficiare del tutto ogni forma di cautela fino ad ora apprestata.Il richiamato art. 307 c. 4 c.p. specifica che “Agli effetti della legge penale, si intendono per <<prossimi congiunti>> gli ascendenti, i discendenti, il coniuge, la parte di un’unione civile tra persone dello stesso sesso, i fratelli, le sorelle, gli affini nello stesso grado, gli zii e i nipoti: nondimeno, nella denominazione di prossimi congiunti, non si comprendono gli affini, allorché sia morto il coniuge e non vi sia prole.”Agli effetti della legge penale, dice il quarto comma. Il che fa pensare un’applicazione solo ai fini della sanzione criminale, non anche ad altri scopi, se non chiaramente richiamata. Ebbene, nel testo del DPCM1 non vi è alcun richiamo a tale norma, né una più puntuale specificazione.L’art. 307 c. 4, peraltro, è norma che anche all’interno del sistema penale solleva alcune perplessità, specialmente a seguito della modifica intervenuta (con aggiunta delle parole <<la parte di un’unione civile tra persone dello stesso sesso,>>) da parte dell’art. 1 c. 1 lett. a) del d.lgs. 19 gennaio 2017 n. 6, che non ricomprende anche i rapporti di convivenza. Ora, l’art. 384 c. 1 c.p. prevede una causa di esclusione della punibilità richiamando il concetto di prossimi congiunti di cui all’art. 307. Nonostante l’esclusione letterale, la Corte di Cassazione aveva ammesso (già prima dell’entrata in vigore della novella) che l’esimente in parola dovesse applicarsi anche ai soggetti conviventi2. Sul punto si auspica intervento legislativo chiarificatore. Nel frattempo, appare evidente come il solo art. 307 c.p. non sia sufficiente a dare una definizione chiara di “prossimo congiunto”. La risposta deve essere cercata in altri rami dell’ordinamento. Si può, infatti, fare riferimento al Libro I - Titolo V del codice civile, rubricato “Della parentela e dell’affinità”. Il titolo, oltre a fornire una puntuale definizione dei vincoli di parentela (art. 74 c.c.) e dell’affinità (art. 78 c.c.), ricomprende altresì l’art. 77 che traccia il “limite della parentela”, secondo cui “la legge non riconosce il vincolo della parentela oltre il sesto grado, salvo che per alcuni effetti specialmente determinati”. Appare evidente come il limite del sesto grado sia piuttosto ampio, e pertanto in contrasto con gli scopi preventivi del Decreto del Presidente del Consiglio. È però l’art. 77 stesso a fare salvi “alcuni effetti specialmente determinati”. Si fa riferimento al fatto che i limiti della parentela possono essere derogati o per circoscriverne la rilevanza a gradi inferiori - come nel caso della promozione dell’interdizione, che può essere proposta da parenti entro il quarto grado -, ovvero per attribuire rilevanza a gradi superiori al sesto - è il caso della rappresentazione, nell’ambito delle successioni, che ha luogo all’infinito -. Risulta chiaro come la situazione odierna costituisca una circostanza di fatto che legittimi una deroga al ribasso rispetto al sesto grado, per “alcuni effetti specialmente determinati”, e giustificati da scopi di tutela di salute pubblica e individuale, di cui all’art. 32 Cost.Tuttavia, si rende necessario un chiarimento normativo o, quantomeno, un richiamo a fonti certe già presenti nell’ordinamento, al fine di non far incorrere i cittadini in sanzioni - in spregio alla ratio di prevedibilità delle conseguenze delle proprie azioni, che anima il principio di legalità in materia punitiva. Per il momento, a soli fini di orientamento, può farsi riferimento ad alcuni chiarimenti emanati dal Ministero dello Sviluppo Economico, in materia di “Voucher per consulenza in innovazione” (di cui al decreto 7 maggio 2019), secondo i quali - pur se a scopi differenti dal DPCM in esame - “Per <<prossimi congiunti>> si intendono gli ascendenti e i discendenti entro il secondo grado (genitori-figli, nonni-nipoti), il coniuge, i fratelli, le sorelle, gli affini nello stesso grado (suoceri e cognati), gli zii e i nipoti (artt. 74-78 del Codice Civile)”3.Anche in tale intervento ministeriale, tuttavia, manca uno specifico riferimento ai rapporti di convivenza, in merito ai quali - ai fini del DPCM 24 aprile 2020 - si attende una pronta delucidazione.

1Disponibile al link http://www.governo.it/sites/new.governo.it/files/DPCM_20200426.pdf, consultato il 27 aprile 2020 alle ore 10:00.

2Cass. Sez. II pen., n. 34147 del 30 aprile 2015.

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